Questo libro di Max Tegmark, professore di Fisica al MIT, Massachusetts Institute of Tecnology, fa entrare il lettore in un mondo diverso dal solito, ma non lo definirei insolito perché la fantascienza, attraverso parole e immagini, ci ha abituato a scenari in qualche modo sconvolgenti. Qui però non siamo nella fantascienza, e la diversità rispetto alla nostra quotidianità è raccontata con entusiasmo e preoccupazione. Gli esperimenti sull’intelligenza artificiale e le loro applicazioni, insieme alle indagini che provengono dalle altre discipline scientifiche, aprono delle prospettive che sono stupefacenti e inquietanti. Cambia il nostro sguardo su ciò che è la vita. Tegmark parla di vita 1.0, semplicemente biologica (ma l’avverbio non è azzeccato, perché nei 13,8 miliardi di anni, il biologico si è dato parecchio da fare), poi di vita 2.0, culturale, dove gli esseri umani apprendono nuove abilità e aggiornano la loro visione del mondo, e infine di vita 3.0, che non esiste ancora sulla Terra, ma può riprogettare non solo il proprio software ma anche il proprio hardware. Per software Tegmark intende tutte le conoscenze che utilizziamo per elaborare le informazioni, e questa estensione della terminologia dei computer all’umano ci fa intendere che al centro del ragionamento c’è quello che il romanzo di Philip Dick, Ma gli androidi sognano pecore elettriche?, e poi il film Blade runner, ponevano come interrogativo: che cosa è umano e cosa artificiale, ma soprattutto quali orizzonti si stanno avvicinando, se in definitiva l’umano funziona come una intelligenza artificiale?
Benvenuti nella conversazione più importante del nostro tempo, recita il titolo del primo capitolo. La preoccupazione maggiore di Tegmark e di tutti gli scienziati che collaborano al “Future of Life Institute”, (il sito è molto interessante) è quella di creare una ricerca sull’intelligenza artificiale che sia benefica, cioè orientata al bene delle persone, e che affronti da subito le domande spinose nell’ambito dell’etica, del diritto, dell’economia, degli studi sociali, dell’informatica, eccetera. Dunque è chiaro che ci troviamo in un tempo di cambiamenti epocali, che non è possibile affrontare senza le conoscenze scientifiche adeguate, perché “la tecnologia sta dando alla vita la possibilità di svilupparsi come mai in precedenza – o di autodistruggersi”. Come è potuto accadere che durante i 13,8 miliardi di anni trascorsi dal Big Bang la materia stupida e senza vita è diventata intelligente? Che cosa significa intelligente? Questo libro traccia le mappe dei percorsi che sono avvenuti. Ma non si ferma qui. Tegmark si chiede in che modo l’intelligenza artificiale influirà su criminalità, giustizia, occupazione, società e sul senso stesso di essere umani. Si chiede se le macchine ci supereranno sostituendo gli umani nel mercato del lavoro. E si chiede anche: “l’intelligenza artificiale aiuterà la vita a fiorire come mai prima d’ora o ci darà un potere più grande di quello che siamo in grado di gestire?”.
Vita 3.0 offre gli strumenti per partecipare alla discussione. E anche le avvertenze: non possiamo fermare la nostra sete di conoscenza, sarebbe stupido e del resto la vita non ha più l’unico scopo di replicarsi e morire, né possiamo accontentarci di filosofeggiare, presupponendo che ogni verità si trovi nelle parole. Ci troviamo davvero agli esordi della vita 3.0 e dovremmo imparare a utilizzare e governare le nostre conoscenze, tutte, e imparare a rielaborarle partendo da ciò che davvero sappiamo, cioè a guardare in faccia la verità, come diceva Leopardi. E a difenderci dai malintenzionati, perché in caso contrario non si tratterà solo di tragedia.
Max Tegmark, Vita 3.0 : Esseri umani nell’era dell’intelligenza artificiale. Cortina editore 2018. 29 euro