L’utilizzo della fototrappola mi ha offerto nuovi spunti di osservazione della vita animale. 

Le prime prove le ho fatte sistemando la fototrappola sul davanzale della mia abitazione, puntata sulla mangiatoia per uccelli. Ho potuto così riprendere con facilità i numerosi frequentatori della “mensa”. 

Quando sono passato ad utilizzarla nel territorio per riprendere animali ben più elusivi, come i mammiferi, ho scoperto che ottenere risultati apprezzabili non è altrettanto facile. 

L’ho finora impiegata in un terreno a ridosso della riva fluviale, dove, oltre a specchi d’acqua, è presente un ambiente boschivo.

La sistemo nelle piccole radure del bosco o lungo i sentieri. Sono così riuscito a “far cadere nella trappola”, riprendendoli da vicino, istrici, tassi, caprioli, volpi e faine. 

Nei dieci secondi (così, dopo diverse prove, ho programmato la durata del video che segue lo scatto di una foto singola) riprendo gli animali mentre passano, annusano il terreno, smuovono le foglie secche, si alimentano.

Di solito le registrazioni avvengono durante la notte (in bianco e nero), anche se alcuni mammiferi sono attivi pure durante il dì.

Lo scorso 27 aprile la fototrappola ha ripreso nella fascia oraria diurna (alle ore 8.58) l’incontro tra un gatto domestico ed un capriolo. Due minuti dopo avere registrato il passaggio di una coppia di caprioli lungo il sentiero, la foto ha fissato l’attimo in cui il maschio di capriolo, sbucando nel sentiero proprio di fronte alla fototrappola, si è trovato vicinissimo al gatto. Il video che segue il singolo scatto mostra entrambi immobili, intimoriti l’uno dall’altro; il capriolo si limita a ruotare la testa volgendo lo sguardo al felino per cercare di capire se rappresenta un pericolo, poi, tranquillizzato dalla mancanza di atteggiamenti aggressivi, si allontana. Il gatto, a sua volta perplesso per l’incontro con quel selvatico munito di palchi – lui che è avvezzo alla vita domestica di una casa vicina -, si trattiene più a lungo prima di riprendere il cammino lungo il sentiero. 

*

La famiglia stava facendo colazione al tavolo con il televisore acceso; una mano, con un gesto automatico, aveva riempito con i croccantini la sua scodella posta sul pavimento in un angolo della cucina.

Poi, nel giro di pochi minuti, spento il televisore, abbassate le finestre, presi gli zaini di scuola, tutti quanti i componenti della famiglia avevano lasciato quell’abitazione nella campagna fanese, posta tra la zona industriale ed il fiume Metauro. L’ultimo, prima di andarsene, lo aveva fatto uscire.

Era restato un po’ nel cortile di casa a leccarsi al sole, poi, come al solito, se ne era andato a zonzo – lui non aveva un’aula o un posto di lavoro ad attenderlo. 

Si era diretto verso il fiume. Avrebbe potuto prendere la direzione opposta; nell’altro lato della strada, al di là della siepe, c’erano i capannoni industriali, ma a lui non piacevano i rumori che provenivano da lì: il suono di segnalazione dei carrelli elevatori, di percussioni, di trapani e di altri marchingegni, ancor di meno gli piaceva il forte odore di solvente  proveniente dal cantiere navale; lui era attratto dagli odori che la natura gli offriva, non da quello penetrante che proveniva dal capannone al cui esterno si trovava un grande yacht in allestimento – lui non aveva chiaro che cosa fosse, non aveva mai visto il mare né le cose che vi galleggiano sopra. 

Quando il vento spirava da una certa direzione l’odore proveniente da quel cantiere navale spingeva i suoi padroni a tenere le finestre chiuse pure nella bella stagione – se dipendesse da lui le porte e le finestre resterebbero perennemente aperte. 

Per raggiungere il fiume attraversava un terreno recintato utilizzando gli squarci nella rete. Sia quel terreno boscato che le rive fluviali gli offrivano l’occasione di mettere in pratica le sue abilità predatorie; a farne le spese, uccelletti, lucertole, roditori, insettivori.

Le spiumate che, di tanto in tanto, erano presenti lungo quei sentieri dimostravano che lì operavano pure rapaci, volpi ed altri predatori selvatici, ma, a differenza loro, lui non si nutriva delle sue prede, le lasciava nel terreno prive di vita quando avevano smesso di stuzzicare il suo istinto sopraffattorio.

Non badava alle dimensioni delle potenziali prede; non si limitava a quelle più piccole, oltre alle lucertole aveva catturato un grosso ramarro; lo aveva fatto nei giorni a cavallo tra l’inverno e la primavera, quando la temperatura era stata sufficiente a fare uscire il sauro dal rifugio invernale ma non gli aveva concesso ancora la prontezza nei movimenti. Anche per quanto riguarda gli insettivori, non predava soltanto i minuscoli topiragno e crocidure, la scorsa settimana aveva catturato pure una grossa talpa. Aveva notato un movimento del terreno, era restato immobile in attesa – il tempo per lui non rappresenta un problema, ne può disporre senza limiti – finché la testa dell’ipovedente insettivoro aveva fatto capolino. Quando il sopraggiungere di un uomo lo avevo indotto ad andarsene, aveva lasciato a terra la talpa insanguinata priva di vita. 

Stava percorrendo il sentiero con lo sguardo puntato a terra, in particolare verso i piccoli fori circolari scavati dalle arvicole ai bordi del bosco. Non solo la vista, anche gli altri sensi erano pronti a percepire una presenza animale; avrebbe reagito da fiera qual era; sarebbe balzato sulla preda, non importa se grande o piccola. 

Lo sbucare del capriolo dal bosco proprio di fronte a lui non se lo aspettava. Restò immobile, a pochi decimetri dal grosso quadrupede; si dovette ricredere: la taglia ha la sua importanza.

Didascalie foto:

1 – Caprioli lungo il sentiero

da 2 e 6 – Incontro tra gatto domestico e capriolo

7 – Spiumata

8 – Talpa europea predata

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