14 giugno 2017
Domenico Matteucci nella sua opera del 1893 “Il Monte Nerone e la sua flora” scrisse: “Arrivati in Pian di Trebbio, si può ascendere il monte per la strada detta del Ranco e di Collelungo voltando a sinistra di una piccola Cappella chiamata Maestade o per quella detta del Monte o dei Campitelli, proseguendo per Serravalle villaggio situato alle falde del monte in parola”.
Decido di percorrere la strada indicata dal Naturalista, che risale il Monte passando per i Campitelli.
A Pian di Trebbio, nel bivio posto in corrispondenza della cappella denominata Maestà giro a destra. Una stretta strada bianca conduce a Serravalle di Carda; quasi nessuno la percorre più, visto che poco sotto passa la comoda e asfaltata strada provinciale.
Attraverso le professioni dei suoi abitanti, indicate nel censimento del 1853 (Stefano Lancioni, Apecchio nel censimento del 1853, Fano, 2007), ci si può fare una vaga idea della vita di Serravalle nella seconda metà dell’800. Uno dei mestieri prevalenti era “pastore di pecore”, anche se non mancavano: calzolaro, filatrice, falegname, negoziante e spacciatore de’ sali e tabacchi.
Domenico Matteucci sul dorso del mulo aveva visto scorrere lentamente campi, boschi, prati, vacche, pecore.
Attraversò il paese. In quelle strette vie si imbatté in qualcuno dei suoi abitanti; questi per un attimo interruppero quello che stavano facendo per osservare il “forestiero” sul dorso del mulo.
Anche se non aveva i vestiti “buoni” che indossava durante le lezioni di Storia naturale nel liceo di Jesi, trovarono elegante quel giovane uomo con la faccia rasata.
Uno di loro, alla vista della lente d’ingrandimento che il Botanico portava appesa al collo, con lo sguardo interrogò il compaesano con cui stava parlando.
Gli abitanti di Serravalle avrebbero trovato strano, per non dire inutile, il motivo che spingeva quel giovanotto a salire sul Monte – uno che sale il Monte, non per faticare, ma per studiare le piante!
Percorro a piedi il nucleo abitato. Non è la Serravalle dei tempi di Matteucci e nemmeno quella precedente alla Seconda Guerra Mondiale ricordata da Delio Bischi (1981): “nella via principale ogni porta era una stalla: se la percorrevi al tramonto, ti imbattevi al ritorno degli armenti, un fiume di pecore, colme di latte, sollecitate al richiamo degli agnelli rimasti separati per molte ore, seguite da asini carichi di legna e carbone”.
Le trasformazioni subite dalle abitazioni nel Dopoguerra non permettono di rivivere quei tempi. Solo le due chiese, pur se restaurate, mostrano la loro età; la chiesa di S.Maria Assunta, alla periferia del nucleo abitato, e l’Oratorio della Beata Vergine del Perpetuo Soccorso; leggo l’epigrafe sopra la porta di quest’ultima; l’edificio religioso, eretto nel 1781, è stato restaurato da Don Domenico Remedio (il parroco che aveva fatto restaurare pure la Maestà di Pian di Trebbio): “fu ampliato e ridotto a miglior forma l’anno 1900 essendo parroco qui di Serravalle D. Domenico Remedia”.
A questo attivo sacerdote è stata dedicata una strada del paese – nel cartello stradale leggo che nacque nel 1861 e morì nel 1945.
Una parvenza della Serravalle che non c’è più la ritrovo in un murale su una parete dell’ultima (o prima) casa del paese.
L’unica figura umana rappresentata nel dipinto è un prete a cavallo di un mulo mentre passa vicino alla chiesa di S. Maria Assunta, dietro si scorge pure l’Oratorio della Beata Vergine del Perpetuo Soccorso; non può che essere Don Domenico Remedia.
Lascio il paese e imbocco la strada che passa di fianco al cimitero.
Al bivio contrassegnato da una croce prendo a sinistra. E’ la vecchia mulattiera che portava in cima al Nerone prima della costruzione della strada.
Nei muretti a secco esposti al sole trovo i fiori della Lattuga rupestre Lactuga perennis; anche Matteucci l’aveva rinvenuta nei “luoghi sassosi lungo la strada dei Campitelli”.
La mulattiera passa dentro il bosco dirigendosi verso est. Quando raggiunge il ciglio del Fosso della Cornacchia, compie un angolo di 90°; qui il bosco per un breve tratto abbandona la mulattiera, che dal lato opposto al fosso costeggia un ripido pendio, con rocce ed erbe.
Un vecchio cartello metallico indica “sentiero per Pian di Roseto” – località posta tra la Montagnola e la vetta del Nerone.
Quando quel cartello fu installato non esistevano ancora i sentieri segnati del CAI, che comunque qui non passano – stranamente tra i tanti sentieri segnati, è stato dimenticato proprio questo che era l’antico percorso per raggiungere la vetta.
Chissà, forse quel cartello, ora arrugginito e attraversato da pallettoni, era già lì quando è stata costruita la strada asfaltata che unisce Serravalle alla cima del Nerone.
Tra le rocce è presente lo Spino quercino Rhamnus saxatilis e il Garofano selvatico Dianthus sylvestris. Noto pure dei grossi cespi di una pianta erbacea dalle infiorescenze piumose, di colore bianco argenteo, che ondeggiano vistosamente nonostante ci sia pochissimo vento; quel flettersi argenteo che spicca contro il verde delle erbe circostanti è dovuto al Lino delle fate Stipa dasyvaginata.
La mulattiera, dopo aver dato un ultimo sguardo a Valdara, nucleo abitato poco distante da Serravalle, si dirige verso la cima del Nerone – s’intravede la punta dell’antenna – e ben presto torna a passare dentro il bosco. Correrà parallelamente al Fosso della Cornacchia fino a quando incontrerà la strada provinciale che sale verso la vetta del Nerone. Da quel punto in poi il tracciato della strada provinciale ricalca quello dell’antica mulattiera.
Il sentiero passa molto più in alto del fosso; solo nel tratto superiore la distanza dal fosso si riduce permettendo in alcuni punti di vederne l’alveo asciutto (tranne isolate pozze).
In una radura noto delle orchidee Ophrys apifera; il labello vellutato simula l’addome di una femmina di ape. Matteucci indicò la presenza di questa specie sul Monte Nerone, nei “prati al sud”.
In un punto del sentiero rinvengo decine di aculei di Istrice; se l’istrice ha fatto soltanto un brutto incontro, è andato peggio al capriolo, di cui un po’ più in alto rinvengo i resti.
Incontro colombacci, cornacchie grigie che hanno dato il nome al fosso sottostante e che scacciano una poiana.
Ma soprattutto vedo lepidotteri. A prevalere sono zigenidi ed altre falene diurne. Studiando la distribuzione delle macchie rosse sulle ali, riconosco diverse specie di zigene: Zygaena rubicundus, Zygaena transalpina, Zygaena lonicerae, Zygaena loti.
Su alcuni fiori se ne concentrano contemporaneamente diversi esemplari; alcuni si stanno accoppiando. Inebriati dal nettare e dai ferormoni, c’è anche chi prende lucciole per lanterne: fotografo l’accoppiamento tra una Amata phegea e una Zygaena transalpina.
Sulla destra, in certi punti, delle interruzioni nella cortina del bosco mi consentono d’intravedere i prati di Campitelli: sono deserti; ai tempi di Matteucci ogni anno a giugno un interminabile fiume di pecore, proveniente dalla Maremma Romana, risaliva la montagna per passare l’estate su questi pascoli.
(Continua …)
Didascalie foto:
1 – Oratorio della Beata Vergine del Perpetuo Soccorso, Serravalle di Carda
2 – Murale nella casa all’ingresso di Serravalle di Carda
3 – Mulattiera che da Serravalle conduceva a Pian di Roseto
4 – Lino delle fate Stipa dasyvaginata subsp. Apenninicola
5 – Orchidea Ophrys apifera
6 – Zigenidi che affollano i fiori
7 – Accoppiamento di Zygaena rubicundus
8 – Accoppiamento tra Amata phegea e Zygaena transalpina