Letture

Sulle orme del naturalista Domenico Matteucci (2)

 

9 giugno 2017

Come la precedente, anche questa uscita è dedicata al percorso di avvicinamento al Monte Nerone svolto da Domenico Matteucci, naturalista originario di Apecchio, a fine ‘800.

Quando nel 1893 pubblicò “Il Monte Nerone e la sua flora”, Matteucci da alcuni anni insegnava nel liceo di Jesi; ma immagino che abbia continuato a compiere escursioni sul Monte durante i rientri al suo paese natale in occasione dei periodi di vacanze.

Il suo lavoro apparso sul bollettino della Società Botanica Italiana di Firenze contiene alcune tracce concrete che ho potuto utilizzare grazie all’aiuto di cartine.

A proposito su come raggiungere il Monte Nerone da Apecchio, aveva scritto: ”Da Apecchio, ridente paesello a 373 m. sul livello del mare […] si giunge alla vetta principale del monte in tre ore circa valicando a schiena di mulo di asino i colli subappennini delle Ciocche, delle Serre e del Gallinaccio. Arrivati in Pian di Trebbio…”.

Lasciato alle spalle Apecchio, dopo avere risalito il colle delle Ciocche, Matteucci si era addentrato nei boschi della Serra della Stretta e, dopo essere passato per Il Gallinaccio, era “sbucato” a Pian di Trebbio, ai piedi del Monte Nerone.

Imbocco il sentiero 36 (ora 236) a Pian di Trebbio. Il sentiero segue una carrareccia che attraversa il Bosco della Brugnola, un bosco di cerri e faggi, alti e vetusti. A spanne misuro il diametro di alcun di questi tronchi: superano gli 80 centimetri, sono centenari; potrebbero esserci stati quando Matteucci a dorso di mulo attraversò questi boschi per raggiungere il Monte Nerone.

Oltrepassato il Bosco della Brugnola, dei prati si allungano ai piedi della Serra della Stretta. Mentre li attraverso, intravedo un rudere avvolto dalla vegetazione: è il Gallinaccio, indicato da Matteucci.

Salgo sulla Serra della Stretta. Mi muovo in un ambiente forestale il cui sottobosco è colorato dai fiori del Geranio nodoso Geranium nodosum, specie presente nell’elenco di piante rinvenute da Matteucci sul Monte Nerone; vicino al suo nome aggiunse un laconico: “Boschi”.

Ad un bivio, anziché quello segnato, percorro un sentiero che mi porta sulla strada provinciale a breve distanza dalla località “La Croce”.

Qui la visuale si apre. A parte quell’asfalto e la centrale eolica che si scorge verso nord-ovest, il paesaggio non deve essere molto diverso da quello visto dal Botanico più di un secolo fa.

Certo è cambiata la presenza umana.

Parallelamente alla ricostruzione del percorso del naturalista dell’Ottocento, sul web avevo cercato informazioni sulla gente che abitava questi luoghi in quel periodo. Avevo trovato dei dati in “Apecchio nel censimento del 1853”. Lo studio compiuto da Stefano Lancioni (Fano 2007) si basa sul primo censimento effettuato capillarmente nello Stato Pontificio l’anno precedente alla nascita di Domenico Matteucci e contiene informazioni sulle persone (età, stato civile, professione).

Le case dentro il bosco in cui mi sono imbattuto oggi e nell’escursione della scorsa volta, anziché poveri ruderi avvolti dalla vegetazione, a quei tempi erano abitazioni affollate. In questo territorio la professione più comune era quella di contadino; solo nel vicino nucleo abitato di Serravalle di Carda vi erano indicate altre professioni (sacerdote e parroco, filatrice, tessitrice, negoziante e spacciatore de’ sali e tabacchi, ostessa, guardiano campestre, calzolaro, postiglione, ecc).

Al Gallinaccio abitava la famiglia Ciabocchi, formata da 19 persone. Dalle età si coglie che in questa casa vi erano i nuclei famigliari di 3 fratelli e di alcuni dei loro figli, in tutto 5 nuclei famigliari.

Al ritorno visito il rudere del Gallinaccio.

La quercia secolare posta a breve distanza (90 centimetri di diametro) sicuramente c’era quando a fine ‘800 il naturalista apecchiese passò di lì.

Mi faccio strada tra la vegetazione che assedia queste rovine; a volte devo scegliere tra le ortiche e il rovo. Costeggiando una parete esterna riesco ad entrare.

Sono in piedi sopra un cumulo di macerie, con le gambe graffiate dagli spini, giro lo sguardo tutt’attorno.

All’interno due serie di arcate, ancora in piedi grazie ai tiranti di ferro che le attraversano e che vanno da una parete esterna a quella opposta. Era la stalla. Il tetto e il pavimento del piano superiore sono venuti giù. Sopra le finestre del piano superiore, delle pietre si sorreggono l’una con l’altra; sembrano avere la precarietà di un castello di carte.

Dalle finestre, verso ovest si scorge la Serra della Stretta, dalle altre i prati che circondano la casa.

Non ci sono più animali al pascolo; su quei prati, che stanno subendo l’avanzata del bosco, a pascolare solo un maschio di capriolo.

Il silenzio è rotto solo dal monotono verso del cuculo che proviene dal bosco. Penso ad un altro tempo, ad un altro mondo, quando quella casa era affollata e, mentre nei prati intorno risuonavano muggiti e belati, quelle mura racchiudevano le voci dei suoi abitanti: conversazioni in dialetto, grida di bambini.

Il cosmo degli uomini e donne che qui hanno abitato, mangiato, dormito, procreato, era racchiuso tra il Bosco della Brugnola e la Serra della Stretta.

Non c’era ancora l’illuminazione elettrica; quando la notte subentrava al giorno, c’era solo il chiarore della luna a rischiare quella zona aperta e quella casa circondate dal bosco.

La vita di quegli uomini e dei loro animali sembrava immutabile, si succedevano le stagioni, con esse la neve, il caldo estivo. Tanto lavoro, fatica, povertà, frammisti a qualche sorriso. Quando Matteucci passò vicino a quella casa, alcuni degli uomini e donne, i cui nomi erano elencati nel censimento di quaranta anni prima, erano morti, altri, allora bambini, erano nel frattempo diventati vecchi, ma la vita continuava nello stesso modo. Così come si alternavano le stagioni, si alternavano le generazioni, senza che cambiasse il loro modo di vivere.

 

(Continua …)

 

Didascalie foto:

1 – Bosco della Brugnola

2 – Prati presso Il Gallinaccio, sulla destra La Serra della Stretta

3 – Geranio nodoso Geranium nodosum, bosco della Serra della Stretta

4, 5 e 6 – Rovine del Gallinaccio

7 – Capriolo nei prati del Gallinaccio

 

 

 

 

 

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