“Raccolgo in questo libro una scelta dei poemetti e quasi- poemetti scritti in occasioni per me importanti”, così l’autore introduce Stazioni. 14 poemetti e quasi poemetti, 14 poesie e due congedi (1994-2017), uscito per l’editore Manni nell’aprile 2018, il mese scorso. Quattordici, come le stazioni della via crucis. E visto che si tratta di una scelta, si può pensare che Eugenio De Signoribus abbia interpretato come una personale e collettiva via crucis le occasioni che hanno segnato il suo (e il nostro) percorso. Ma non si è immedesimato nel capro espiatorio. Infatti sono occasioni, epifanie e stazioni del suo percorso, e anche ferite e vuoti che solo la poesia può cercare di ricucire, o provare a farlo. E le postille con le quali l’autore accompagna i poemetti testimoniano quanto la poesia sia centrale, indispensabile, nella vita sociale e culturale contemporanea, “in questi anni complicati e vani”. E nello stesso tempo l’autore sente che deve essere protetta, come un nervo scoperto. E soprattutto teme che possa essere travisata, o non compresa.
Il lavoro poetico, dopo l’urgenza della prima stesura, ha riconsegnato i testi come nuovi. A questo punto suppongo che la trama sia emersa con una sua evidenza spontanea. Del resto da diverso tempo un lessico di derivazione biblica ed evangelica, pronunciato con il pudore di chi sta ai margini, né dentro né fuori (o sia dentro che fuori del discorso religioso, e comunque ne è evidentemente attratto), orienta il suo sentimento del tempo, inteso come storia e appunto percorso. Questo sentimento del tempo “la poesia lo contiene e lo annuncia nel deserto”, e nel farlo recupera il tono rivelatore e profetico, però con uno scarto significativo, quello di chi sta “sulla soglia tra il sì e il no, dove sta il non credente- non ateo, il non affidato al cielo né consegnato alla nuda terra”. A questo abitare nei luoghi contaminati e derealizzati, dove cerca di sopravvivere una lingua poetica, corrisponde una scansione ibrida, di versi, non-versi, quasi-prose e quasi-poemetti. Il poeta è inerme come chi è inerme senza essere poeta, ed è questa condivisione il cuore della poetica di De Signoribus, che ha trasformato la sua percezione indifesa e sottoposta ai traumi e alle ferite, in una voce forte, sconcertata e pietosa.
Chi volesse approfondire la poesia di Eugenio De Signoribus può leggere il recente volume di Rodolfo Zucco Visite al frutteto: sulla poesia di Eugenio De Signoribus, uscito per Biblion edizioni nel novembre 2017. E’ il caso in cui una “lunga fedeltà” e l’amicizia non appannano ma acuiscono l’analisi e lo studio di una poesia e di una poetica.