Una strana malattia
Ci sono autori che invecchiano lentamente, altri precocemente, questi ultimi spesso hanno suscitato quando erano giovani entusiasmi folli, nel senso di poco razionali, e molto presto hanno cominciato a mostrare le prime rughe, poi delle rughe sempre più inquietanti, considerata l’età, fino a diventare finti giovani o vecchi scemi, quelli che ripetono noiosamente cose già dette. In Italia questa strana malattia è diagnosticabile senza esami clinici. Diffusissima. La poesia ne è quasi totalmente infettata. L’apparato critico, che doveva avere funzioni sanitarie, ha subìto pesantemente il contagio. Vaniloqui, vaneggiamenti, marchette ne sono il sintomo più evidente. La sensazione è che il sistema immunitario abbia issato bandiera bianca: coma irreversibile, purtroppo.
Il povero lettore
Si dice così quando qualcuno è morto, per esempio il lettore esigente. L’editoria soddisfa tutti i gusti, va dove la porta il fiuto di un guadagno, senza considerare la distruzione dell’ambiente nel quale vive. Soddisfa tutti i gusti ma distrugge il gusto. E il povero lettore non sente più i sapori, non avverte i ritmi, sta a bocca aperta davanti agli effetti speciali (che nel linguaggio poetico sono francamente penosi), si beve tutte le magniloquenze, i sentimentalismi, le finte democrazie e il riciclaggio di valute smesse. Le pose del povero lettore quando legge sembrano quelle di un paziente anestetizzato, che poi al risveglio subisce l’ipnosi inversa, e cinguetta.
Bracconieri
Ci cadono tutti, capita a tutti. Recentemente mi è capitato di leggere un articolo di Gianni Riotta su Jonathan Franzen, e visto che lo considerava “probabilmente il maggior narratore americano vivente” e visto che invece io non riuscivo a leggerlo perché mi sembrava un autore prolisso, ho ripreso Le correzioni. “Qualcosa di terribile stava per accadere, lo si sentiva nell’aria. Il sole era basso nel cielo, una stella minore, un astro morente. [quale sarà la stella maggiore?] Raffiche su raffiche di entropia. [cioè?] Alberi irrequieti, temperature in diminuzione, l’intera religione settentrionale delle cose era giunta al termine. [non una parte ma tutta la religione delle cose, anche se solo quella settentrionale, un disastro, un’apocalisse, al che segue:] Neanche un bambino ai giardini.” And so on. Per 600 dimenticabili pagine. Ma io non posso dirlo, mi sono liberato presto della tagliola e mi sono messo a imprecare contro Riotta, il povero Riotta, che non ha alcuna colpa perché vive nel paese dei balocchi.
Ritorno al futuro
L’istinto di sopravvivenza mi ha portato verso la Vita di Henry Brulard. Franzen sembrava polveroso antiquariato. Riotta un chierichetto col turibolo. Tra quelle parole si respirava un’aria pura, fresca, necessaria, con un ritmo che sfida il tempo. E non è un capolavoro, né Stendhal era il maggiore scrittore del suo tempo. Queste etichette erano considerate ridicole. Era un caso – ha scritto Giovanni Macchia – “di precocità ritardata”. Una precocità rimandata alla maturità, ma anche una precocità che, sebbene rimandata, era in forte anticipo sul suo tempo. E’ sufficiente leggere l’incipit di questo libro di Stendhal per capire che il tempo è un concetto astratto e illusorio, e Franzen è più vecchio di Stendhal, inoltre ne è un narcisistico sottoprodotto, anche un po’ avariato. Non ha rispetto del lettore.
Lettore benevolo
Lettore benevolo – scriveva Stendhal nella premessa a Lucien Leuwen – se tu non volessi perdonare all’autore la mancanza d’enfasi, la mancanza di scopo morale, ecc. ecc. ti consiglierei di non spingerti più avanti … per essere elegante, accademico, facondo ecc. ci voleva un ingegno di cui sono privo, e quindi aggiungere 150 pagine di perifrasi; e nota bene che queste 150 pagine sarebbero andate a genio soltanto alle persone gravi predestinate a detestare gli scrittori come quello che ti si presenta con la massima umiltà. Queste rispettabili persone hanno abbastanza pesato sulla mia sorte nella vita reale, perché io possa ammettere che vengano a sciupare il mio piacere quando scrivo ….” Addio amico lettore, pensa a non passare la vita odiando e avendo paura.
Immagine: disegno di Tullio Ghiandoni