Luglio 1942. Podhum, piccolo villaggio croato nei pressi di Fiume con poco più di mille abitanti. Al termine di un rastrellamento di tutti gli uomini validi tra i 15 e i 65 anni, l’esercito italiano (sì italiano, non tedesco) stermina un centinaio di persone e deporta quasi novecento superstiti. Due anni più tardi gli stessi orrori verranno riservati in Italia, dalle SS tedesche, a Marzabotto e S. Anna di Stazzema. Bene hanno  fatto la Biblioteca Bobbato e l’Iscop a presentare al pubblico il racconto di quell’orrore “italianissimo” pubblicato dalla rivista Storia e problemi contemporanei. Al di là del pregevole saggio sulla vicenda rimossa di Podhum – una delle tante – quello che interessa è altro. Come è stato più volte detto e dimostrato da una pattuglia di storici rigorosi e impegnati (Angelo Del Boca su tutti) dietro al mito degli “italiani, brava gente”, per quasi ottant’anni si è continuato a diffondere a piene mani il becero senso comune della condotta generosa e profondamente umana delle nostre truppe nelle zone occupate durante la Seconda guerra mondiale, del fascismo come dittatura all’acqua di rose e del duce che ha fatto tante cose buone. “Teniamo tutti famiglia” per cui  si è dato in questo modo corso ad una rimozione generalizzata delle responsabilità italiane nella stessa guerra dando altresì forma ad un’autoassoluzione altrettanto generalizzata per i crimini commessi che ha finito per ricomprendere la dittatura fascista in una caramellosa continuità con la storia dell’unità nazionale. Ovviamente tutto ciò è potuto accadere in quanto, a differenza della Germania e del Giappone che volenti o nolenti hanno dovuto fare i conti con i loro crimini, in Italia dal dopoguerra è prevalsa l’impunità totale per i responsabili delle diverse Podhum anche grazie alla complicità della neonata Repubblica che ha anzi valorizzato per decenni a tutti livelli il “personale” proveniente dalle fila del regime. In questa sostanziale continuità tra vecchio e nuovo Stato, come epilogo, la stessa Costituzione antifascista è ormai vissuta come un corpo estraneo – questo ci dicono le elezioni del 25 settembre – al punto che è facile prevedere che, inquadrata come ferrovecchio, verrà modificata dal nuovo governo con relativa disinvoltura. E così il popolo “sovrano” potrà vedere finalmente ricomposta “l’autobiografia della nazione”. 

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