Potremmo cominciare con una poesia cronachistica e filmica, pubblicata sul numero 7 (1987) di Lengua – un importante laboratorio poetico diretto da Gianni D’Elia negli anni ottanta – e non inserita nelle raccolte successive e neanche nell’antologia poetica che la rivista Istmi ha dedicato a Ercole Bellucci nel 1998. Comincia come un sogno o un incubo indotto dai film polizieschi ma termina con un richiamo ambiguo ad una realtà possibile o addirittura in corso …
*
nel sogno lo sconosciuto
(un ex attore del bianco & nero?)
che di fatto dirige l’operazione
di sgombero (o sequestro?)
dagli opposti angoli della stanza
incagliata & sospesa
impartisce ordini simultanei
che convergono sulla sua persona
stravolta & in pigiama
e che lo specchio dell’armadio
riflette già vestita
(l’ombra di se stesso)
rassegnata a seguire gli agenti
anche loro in abito borghese
come nei film gangster
dove recitano alla perfezione
la scena che nella realtà diventa
set di un incubo