Il mare agitato lascia sempre una traccia: una lunga striscia di materiale spiaggiato. Parallela alla riva ma che tiene anche conto delle ondulazioni della battigia.
Organismi marini e materiale vegetale giunto in mare dai fiumi. In mezzo ci sono anche i resti di prodotti di consumo, rifiuti sfuggiti ad un corretto smaltimento.
Tra i rifiuti che rinvengo nel litorale fanese ce ne sono alcuni in grado di raccontare qualcosa della loro presenza in mare, come quel barattolo di vetro rinvenuto lo scorso 30 novembre. Il tappo, che gli ha impedito di inabissarsi, riporta il nome del produttore: “Bénédicte”, una marca di maionese francese. Il suo lungo fluttuare in balìa delle correnti è confermato dalla ruggine sul tappo metallico.
Come è giunto in mare quel barattolo? Tanti i modi plausibili. Mi torna alla mente ciò che ho ascoltato durante la conferenza di un biologo marino. Il relatore aveva raccontato che durante le sue campagne oceanografiche ha visto più volte navi gettare i rifiuti in mare prima di giungere in porto – così si evitava di pagare lo smaltimento dei rifiuti.
Ma non è neppure escluso che quel barattolo di maionese, dopo essere stato abbandonato in territorio francese, abbia “circumnavigato” la penisola italiana.
Mi era già capitato di risalire grazie alle etichette alla provenienza di resti spiaggiati nel litorale fanese. Trasportati dal gioco delle correnti, avevano compiuto lunghi viaggi macinando centinaia di miglia. Le scritte sui contenitori di plastica non sono particolarmente soggette all’ingiuria del tempo, a parte qualche graffio e lo sbiadire dei colori all’esposizione solare, ben resistono alla consunzione.
Rifiuti provenienti dalle altre sponde dell’Adriatico: retine per le vongole dei pescatori del Polesine; bottiglie, flaconi, vasetti di marche croate e slovene, come quelle parole ”Pogledaj ispod pronadi kod (guarda sotto e trovi il codice)” riferite ad un concorso a premi, scritte su un tappo di plastica della Coca cola in versione croata rinvenuto oggi nella spiaggia Sassonia di Fano.
Bottiglie e barattoli con etichette in greco che raccontano di viaggi – omerici – attraverso altri mari del Mediterraneo. Distanza maggiore quella che deve avere percorso una cassetta di legno per il pesce sui cui resti si leggono parole spagnole: “… a de pescadors (… ai pescatori)”.
L’esistenza di chi rispetta le regole del vivere civile, che ogni giorno fa del proprio meglio per rendere il mondo un po’ più vivibile, spesso non varca i confini del proprio paesello, mentre chi inquina, chi sparge i rifiuti nell’ambiente può “vantare” un’impronta globale che supera confini regionali e nazionali.
Non solo viaggi nello spazio, anche nel tempo. Lo scorso 4 dicembre ho trovato spiaggiato un tappo di plastica con riportata la scritta: “Prezzo speciale a 500 lire anziché 650 lire”; deve avere fluttuato per più di 20 anni – l’Euro è stato introdotto il 1° gennaio 2002 -; per oltre due decenni intorno a quel corpo inanimato c’è stata solo acqua, a volte qualche pesce indifferente all’offerta speciale. In mare aperto, tante volte è passato dal cheto dondolare su una superficie immobile all’essere sbalottato da un mare turbolento, finchè, mentre transitava vicino alle coste fanesi, il mare se l’è scrollato di dosso. L’ha restituito alla terraferma, ad un mondo parecchio diverso da quello che aveva lasciato oltre una ventina di anni prima, con estati sempre più torride e precipitazioni sempre più imprevedibili.
Questi contenitori non hanno una data di scadenza come i loro contenuti. I loro lunghi tragitti nello spazio e nel tempo dovrebbero farci riflettere su come siano persistenti gli effetti dei gesti incivili. Riflessione più facile da fare con i rifiuti solidi urbani sfuggiti ad un corretto smaltimento – visibili all’occhio umano – rispetto alle invisibili tonnellate di anidride carbonica – anche quelle destinate a persistere nel tempo – sputate nell’atmosfera in seguito a nostri comportamenti poco sostenibili.
Le parole riportate nelle etichette a scopo di marketing, scritte per essere lette negli scaffali del supermercato, finiscono a volte per acquistare un significato beffardo in mezzo al materiale spiaggiato. Lo scorso 30 novembre depositata sulla battigia una striscia di foglie secche che gli alberi avevano consegnato all’autunno; in mezzo a quei resti vegetali provenienti dal vicino Metauro il contenitore di un autolucidante per calzature. L’etichetta riporta: “Risparmiate tempo e non vi sporcate le mani”.
Eh sì, il possessore di quel prodotto – chiunque sia stato è di sicuro uno che lotta contro lo sporco, per la pulizia – non ha tempo da sprecare dietro ad un corretto conferimento dei rifiuti e non sono state le sue mani ad essersi sporcate. Me lo immagino dopo l’uso dell’autolucidante con la scarpa (prima impolverata) tenuta ancora in mano, guardarne da vicino la superficie levigata per controllare se è stato raggiunto lo scintillio desiderato. Le sue calzature non devono mostrare traccia di contaminazione.
6 dicembre 2022
Didascalie foto:
1 – Vasetto di maionese francese, Foce del Metauro (Fano)
2 – Retina per vongole Coop. Pescatori del Polesine, Baia del Re (Fano)
3 – Bottiglia di latte croata, Spiaggia Metaurilia (Fano)
4 – Tappo con scritta in croato, Spiaggia Sassonia (Fano)
5 – Bottiglia d’acqua minerale greca, Spiaggia Arzilla (Fano)
6 – Resti di cassetta per il pesce spagnola, Baia del Re (Fano)
7 – Coperchio con prezzo in lire, Baia Metauro (Fano), 4/12/2022
8 – Autolucidante per calzature, Spiaggia Metaurilia (Fano)