26 luglio 2019

 

Camminiamo.

Di sera, nel quartiere, mentre la luce se ne sta andando. Fra poco sarebbe sceso il crepuscolo. Da alcune finestre aperte i bagliori azzurri dei televisori che trasmettono il telegiornale della sera. Le lancette degli orologi appesi ai muri delle cucine scandiscono che è l’ora della cena.

Ma è anche l’ora in cui, quasi ogni giorno, io e mia moglie portiamo a spasso il gatto nel quartiere; un quartiere di villette a schiera circondate dal verde pubblico.

A differenza di un cane, che se ne sta rinchiuso tutto il giorno, lui non avrebbe bisogno di chiedercelo, sta fuori quando gli pare. Eppure la sera ci guarda in un certo modo, ci comunica – o siamo noi che vogliamo dargli quell’interpretazione? -, che è giunta l’ora della passeggiata.

Al gatto la passeggiata stimola le sue funzioni corporali – lui che potrebbe fare i bisogni quando vuole. A differenza di un cane lui non lascia niente allo scoperto, dapprima con le unghie scortica un po’ di cotica erbosa poi, terminata l’evacuazione, si sofferma a coprire con cura.

Portare un gatto a spasso, la cosa potrebbe stupire o provocare la derisione nei nostri confronti. Io penso a Konrad Lorenz, il padre dell’etologia, le sue passeggiate con oche ed anatre selvatiche contribuirono ad assegnargli il premio Nobel.

 

“… io mi ero seduto sull’erba e, per ottenere che gli anatroccoli mi seguissero, avevo incominciato a spostarmi rimanendo accucciato. […] A differenza delle piccole oche, gli anatroccoli selvatici erano dunque pieni di pretese e assai faticosi da allevare. Provatevi un po’ a immaginare due ore di passeggiata con quei piccoli, sempre accucciato per terra e con quell’ininterrotto «qua qua qua»… Per amore della scienza mi sottoposi per ore e ore a questo supplizio” [Konrad Lorenz, L’anello di Re Salomone]

 

Noi non prendiamo a modello Lorenz, non puntiamo al Nobel, passeggiamo col nostro felino solo per soddisfare questa sua (nostra?) eccentrica esigenza. Ciò non toglie che anche a noi capiti di fare delle osservazioni etologiche.

Oggi mia moglie ha individuato un pulcino a terra. Non ha ancora il piumaggio completo ma lo riconosco: “E’ di Averla piccola” le dico.

L’Averla piccola è una specie che predilige le campagne con siepi e alberature; un tempo diffusa nel territorio fanese – localmente è soprannominata “Gàstriga” -, si è fatta via via sempre meno frequente, probabilmente per i cambiamenti avvenuti nel territorio rurale.

Quest’anno avevo notato la presenza di averle piccole nei dintorni di casa mia: una coppia nidifica nel vicino campo d’aviazione, a breve distanza dai vecchi hangar dismessi, dove sono cresciute macchie di rovo; ma lo scorso primo giugno avevo notato un’Averla piccola pure in questo angolo di verde pubblico, che evidentemente è stato scelto per la nidificazione.

E’ al limite di una strada senza uscita che costeggia la recinzione della linea ferroviaria dismessa, al di là della quale sopravvive un residuo di campagna accerchiato dalla periferia (un campo di grano di poche migliaia di metri quadrati è stato mietuto non molti giorni fa).

Il gatto è alcuni metri dietro di noi – il suo procedere è ben diverso di quello di un cane, divaga e si ferma di sovente, distratto dall’attività olfattiva che sta svolgendo. Quando si trova a pochi metri dal pulcino siamo pronti ad intervenire ma lui non lo nota. Fatti pochi passi, quando il pulcino è già alle sue spalle, il gatto viene attaccato da un volo radente che lo spaventa e lo lascia interdetto. Non capisce che cosa ha rasentato la sua testa e perché.

Vedo l’autore del volo posarsi sull’albero a ridosso del gatto, poi, compreso che il felino non rappresenta più una minaccia, torna sull’albero da cui può sorvegliare il suo pulcino.

 

Dorso nocciola, vertice e nuca grigio cenere e, soprattutto, una mascherina nera: è il maschio di Averla piccola.

L’Averla con quel volo radente sul mio gatto ha cercato di proteggere il suo piccolo indifeso, sceso a terra troppo presto.

 

Didascalie foto:

1 – Il gatto a passeggio

2 e 3 – Maschio di Averla piccola, Campo d’Aviazione di Fano, luglio 2019

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