Il mare dorato
sotto la bianca luce del cielo.
Sono solo come sempre
nella cabina 12161.
Ascolto il fragore dell’acqua
tagliata dalla nave.
La coperta sul letto è rosso bruciato con sfumature chiare.
Da fuori entra un’aria calda e umida,
porta una fissità leggera
a questa mia inquietudine.
Qualcuno dovrà pur bussare alla porta,
ma prima sentirò i suoi passi
cammini invisibili tra questo divano
e il nulla.
Non il mare, non le parole
per recuperare nel silenzio una memoria,
solo l’indifferenza del mondo
e la nostalgia di un ritorno senza scampo.
(29 luglio 2021)
Mi tiro dietro uno strascico
di dolore senza fine
e non riesco a marginarlo
nella sintassi di una frase semplice.
Aspetto di tirare
l’ultimo calcio di rigore,
sarà concesso all’alba
di questa notte senza camomilla,
un pezzetto di carta
in fuori gioco
quando l’orologio del mondo
segna l’ora più bella.
Mi intrigano molto entrambe le poesie: sono scritte con grande acutezza e attenzione all’impiego dei vari termini. Sono componimenti impegnativi da analizzare, ma proprio per questo assai stimolanti per un critico.
Entrambi i testi sono pervasi dal motivo di una inquietudine, un disagio che ricorre nell’animo dell’io lirico. L’ambientazione della prima poesia è una nave durante una traversata per mare: l’atmosfera confortante del paesaggio marino quasi idilliaco, suggerita dai versi incipienti, è smorzata dallo stridore del terzo verso con le sue sibilanti (“Sono solo come sempre”), oltre che con il suo pesante significato. Il senso di inquietudine dell’uomo immerso nel silenzio della sua cabina viene rinforzato dalla suggestiva descrizione dell’individuo che bussa alla porta, quasi una figura sinistra che si ritrova in molti testi di Buzzati (mi viene in mente il racconto “Il mantello”). Mentre nella prima poesia aleggia un’atmosfera essenzialmente statica, inerte, la seconda si configura come dinamica, “combattiva”, sin dal primo verso (“Mi tiro dietro uno strascico”). Il dolore che il poeta a stento si porta sulle spalle lo affligge profondamente ed è ineffabile, impossibile da affiggere sulla carta in poche parole. Una notte piena di smanie e avvolta dall’inquietudine si presenta quella descritta in questi pochi versi, una “notte senza camomilla”; soltanto all’alba, portatrice di speranza e segno di un nuovo inizio, la partita notturna contro il dolore giungerà alle battute finali: “quando l’orologio del mondo / segna l’ora più bella” (vv. 11-12), si disputeranno i calci di rigore e il poeta avrà l’occasione di trionfare o altresì di cedere al dolore.