29 gennaio 2025
Il gheppio appollaiato sopra un cavo osserva quelle macchie bianche che brucano nel pascolo.
Non sono solo pecore. Due pastori maremmani al margine del gregge; adagiati sull’erba ma vigili.
Vicino al gregge, altre tre macchie bianche, si levano in un breve volo: aironi guardabuoi.
Il falco volge lo sguardo verso la pianura. Verso quei capannoni, quelle case. Quel mondo orizzontale oltre il fiume.
Tante volte ha sorvolato i campi della valle, ma preferisce stare quassù, dove non giunge il rumore del frantoio al di là della Chiusa.
Per fortuna gli umani stanno quasi tutti al di là del Metauro. In pochi abitano ancora qui. Un tempo erano di più. Alcune delle case in cui vivevano ora hanno i tetti sfondati, sono solo rovine. Travi di legno mangiate dai secoli, dalla pioggia. Pareti e fabbricati annessi assediati dall’edera, dal rovo, dalle canne.
Alcune stanno alla base delle balze.
Pure la casa sulla sommità, l’unica a tre piani, ha il tetto sfondato.
Altri ruderi nei fianchi della collina retrostante, assediati dalla distesa di giovani piante del grano (spuntate da poche settimane). Case disperse in un verde ondulato; intorno, le traiettorie di piccoli fossi dettate dall’inclinazione del terreno.
Il grano cresce pure dove c’era la strada di accesso, sopra le aie in cui razzolavano gli animali da cortile.
Un tempo da quelle case saliva il vocio degli uomini, l’abbaiare dei cani, i versi dalle stalle.
Ma lui questo non lo sa, lui vive solo il presente. L’unico tempo che conosce è il sole che sale, la notte che scende, l’ombra di una quercia solitaria che si allunga sul campo.
Il gheppio vede un uomo risalire il pendio con un fucile in mano, è diretto verso l’auto sul bordo della strada. Quegli scoppi improvvisi oggi sono terminati.
Il falco scorge un movimento poco lontano: un colombaccio si posa sui rami più alti di un filare di querce.
È più grande di lui, non gli interessa, sono altre le potenziali prede.
Così come non gli interessano i voli di un airone cenerino sopra un laghetto d’irrigazione e di una poiana che rasenta la boscaglia che ricopre le balze.
Il gheppio si lancia nel campo sottostante ma, poco dopo, eccolo su un altro posatoio poco più a valle.
Torna a guardare il campo, la distesa di piccole piante del grano che ancora non schermano del tutto il suolo; non sta contemplando il paesaggio, aspetta il movimento di un’arvicola.
Didascalie foto:
1 – Gheppio, colline di Ferriano (Fano), 29 gennaio 2025
2 – Gregge di pecore, Ferriano, 29 gennaio 2025
3 – La Valle del Metauro, in primo piano la “Chiusa”, dietro il frantoio di ghiaia
4 e 5 – Ruderi di case coloniche alla base delle Balze di Ferriano
6 e 7 – Ruderi di case coloniche; nella Carta IGM 1:25.000 F. 110 – III N.O., ricogn. generali 1948, modificata: chiamate “Case
Panicali”
da 8 a 10 – Gheppio, colline di Ferriano (Fano), 29 gennaio 2025