3 ottobre 2020

Di solito è frequentata da pescatori sportivi e da persone a passeggio (con o senza cani), ma oggi – grazie ad un tempo incerto – la foce del Metauro è deserta.

Decine di gabbiani sulla barra di ghiaia che separa il mare dall’acqua salmastra.

In mezzo a loro compare una sagoma slanciata.

Il mondo dell’airone cenerino è oltre quel ponte su cui, di tanto in tanto, si sente sferragliare.

Acqua dolce poco profonda, canne, pioppi e salici al di là di quelle arcate.

Ma anche la distesa marina, mondo luminoso e orizzontale, per l’airone non è una novità; altre volte si è posato (al sicuro) sulle scogliere foranee; ma oggi il mare mosso aggredisce gli scogli e il grande trampoliere si è spinto allo scoperto sulla striscia di ghiaia accessibile agli umani.

Guarda l’acqua schiumosa, così diversa da quella (ferma o che scorre lentamente) dove è solito sostare.

Guarda quei gabbiani che cercano il cibo tra il materiale spiaggiato o volando sui frangenti, così diverso dal suo modo di procurarselo, fatto di immobilità, di attesa, pronto a far scattare il becco sulla preda.

Due pescatori hanno estratto dall’auto le loro canne; l’airone non gli lascia il tempo di arrivare: si leva in volo e si posa davanti alle arcate che separano il (suo) mondo palustre dal litorale.

Un’improvvisa pioggia fa tornare velocemente sui loro passi i pescatori appena giunti sulla riva.

Un cicloamatore, che stava sopraggiungendo, trova riparo sotto la prima arcata e non procede oltre.

Sulla barra di ghiaia, di nuovo deserta, torna a posarsi lo sguardo dell’airone.

 

Didascalie foto:

1 – Barra di foce del Metauro frequentata da gabbiani, 3 ottobre 2020

da 2 a 4 – Airone cenerino sulla barra di foce.

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