21 gennaio 2024

La giornata è soleggiata. Le lastre di ghiaccio coprono alcuni ristagni d’acqua ai bordi della strada, a ricordare il freddo della notte. Stiamo percorrendo a piedi Via Bevano, una strada sterrata che attraversa la  valle del fosso omonimo. 

Con la nascita delle piantine di grano i campi si stanno colorando di verde. 

C’è una nuova ferita al paesaggio: il cantiere per la posa di una grossa tubatura che taglia trasversalmente la valle; a differenza dei tralicci elettrici e dei campi fotovoltaici sorti negli ultimi anni, questa ferita è destinata ad essere ricoperta e rimarginata. 

In questa mattinata domenicale la strada bianca è percorsa da pochissime auto; sono di più i ciclisti. Al loro rapido passaggio il mio sguardo va alle due ruote, cerco di capire se c’è un motore elettrico ad aiutarli a scalare la salita. Se la loro prestazione è dopata da un flusso di elettroni. In ogni caso, è qui, in collina, che l’utilizzo di bici elettriche ha più senso. Provo fastidio quando in città la mia bici (muscolare) viene superata di anziani ciclisti in sella a bici, senza pedalare. Fanno lo stesso esercizio fisico di quando stanno seduti in poltrona davanti al televisore.

Ma torniamo alla nostra camminata. L’obiettivo è ritrovare una roverella secolare che avevo “scoperto” nel 2007 sul ciglio della strada. Individuo il punto, ma la quercia non c’è più. Ricordo che quando la rividi nel 2010 presentava una larga fascia priva di corteccia. Ecco cosa riporta il mio diario: “22 aprile 2010. Via Bevano. Ho con me una fettuccia metrica. Ho misurato il diametro della grande Roverella che si trova lungo la strada. La circonferenza della quercia a petto d’uomo è di 5 m. La volta scorsa avevo notato che il vecchio esemplare aveva subito l’amputazione di un grosso ramo nel punto in cui il fusto si ramifica. Ora ha subito pure il distacco di una larga striscia di corteccia, che giace a terra; la “ferita” parte dal livello del suolo e sale girando lungo il tronco per alcuni metri.

 

Probabilmente è stata quella ferita a decretarne la morte; ma come se l’era procurata?  

Un branco di diverse decine di cardellini, attirati da un incolto a ridosso della strada, si levano in volo al passaggio delle biciclette per tornare subito dopo. Degli aironi guardabuoi esplorano un campo lavorato. 

Non solo incontri faunistici, la nostra uscita ci riserva una sorpresa: imboccando una strada poderale rinveniamo una roverella imponente. 

Sta sul ciglio della scarpata stradale. Con altre querce secolari un po’ più piccole, fa parte di un filare che delimita un terreno incolto, nel mezzo del quale c’è un rudere. Consulto la mia carta, la casa è indicata con il riferimento topografico “La Balante”. Anche l’abitazione sul lato opposto della strada è in abbandono, come rivela un tratto di tetto sfondato e l’edera che sta conquistando le pareti esterne. 

Con la fettuccia metrica misuro la circonferenza della roverella, 4,54 m. Ha dimensioni ragguardevoli, leggermente minori della quercia scomparsa ma paragonabili ad altre roverelle presenti nel Registro degli Alberi Monumentali d’Italia (RAMI) e in Monumental trees. Per la sua posizione appartata è sfuggita ai “cercatori di alberi monumentali”. 

***

Sto sul ciglio di una strada poderale, un diverticolo di Via Bevano. Sul bordo del viottolo vi sono altre roverelle secolari che non hanno però le mie dimensioni e la mia età. Seppure prossimo a Via Bevano, è un luogo appartato. Io e le mie sorelle stiamo ad indicare il confine di una proprietà che nessuno più presidia. La casa alle mie spalle – indicata con il toponimo “La Balante” – è solo un povero rudere. Anche quella sull’altro lato della strada poderale è in rovina, l’edera sta conquistando le sue pareti esterne e ha parte del tetto sfondato.

Ho una circonferenza è di 4,54 m. Non so di preciso quanti anni io abbia, ma paragonandomi ad altre roverelle con dimensioni simili alle mie, dovrei essere nata nella seconda metà del ‘700. 

Sì, sono tanti anni, secoli, eppure poca cosa rispetto all’età dei frammenti di laterizi e vasellame  rinvenuti in un campo qui vicino. Probabilmente da queste parti c’era un insediamento rustico risalente alla cultura romana (1). Nel 1999 ho visto gli archeologi che perlustravano il  campo e  raccoglievano quegli oggetti che affioravano dal terreno. 

Eh sì, dalla sommità del mio fusto – mi trovo a 121 m di quota –  posso osservare gran parte della valle del Fosso del Bevano, affluente del Torrente Arzilla. 

Negli ultimi anni vi ho visto sorgere alti tralicci della linea elettrica e campi fotovoltaici. 

Non è invece cambiata la lunga strada sterrata che l’attraversa e in cui si concentra gran parte delle alberature della valle. Infatti, questo territorio, per la conformazione prevalentemente argillosa, si presta ad essere lavorato ed è caratterizzato dalla scarsità di alberi. Non vi sono  boschi, i campi, tranne qualche quercia dispersa, sono privi di alberature.

In autunno e inizio inverno è la terra nuda con i suoi colori caldi a dominare questo paesaggio aperto. Poi, a metà inverno il terreno comincia a colorarsi di verde, sembra trasformarsi in un prato, ma è grano.

Sono in molti a detestare le strade bianche, per la polvere alzata, per il fango che inzacchera le carrozzerie dell’auto. Non sono più di moda. Appartengono al passato. Eppure, quel lungo nastro bianco privo di pavimentazione che scende fino in fondo alla valle e poi risale verso Villagrande (di Mombaroccio) deve piacere ai numerosi ciclisti che vi  transitano, soprattutto nel week end. La loro è una presenza discreta, lo sciame umano inonda altre parti, si muove in altre direzioni. Non giungono fin qui i rumori dei copertoni che corrono sull’asfalto. Il transitare dei ciclisti è silenzioso. 

Qui a rompere il silenzio può essere lo sferragliare dei cingoli di un trattore che sta lavorando la terra. A volte, vedo piccoli aironi bianchi al seguito dei trattori; sono gli aironi guardabuoi, anche loro sono un segno di cambiamento: un tempo non erano presenti in Italia; venivano fotografati in Africa in groppa a bovini al pascolo o a grossi mammiferi selvatici.

Nota

(1) https://catalogo.beniculturali.it/detail/ArchaeologicalProperty/1100371099

Didascalie foto:

1 – Valle del Fosso del Bevano, 21 gennaio 2024. Sotto ai tralicci si vede la posa di tubature.

2 – Via Bevano (Comune di Mombaroccio)

3 – La grande roverella scomparsa, fotografata nell’aprile 2010

4 – Cardellini. Sullo sfondo un campo fotovoltaico

5 – La Roverella presso La Balante, il cui rudere è visibile in basso.

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