“La ragazza delle fragole” di Lisa Strømme [Giunti Editore, 2016] è un romanzo liberamente ispirato alla vita di Edvard Munch. La storia, tranne l’epilogo, si svolge nell’estate del 1893, in una Norvegia che non ha ancora ottenuto l’indipendenza dalla Svezia.
I protagonisti abitano a Åsgårdstrand, villaggio sulla riva di un fiordo che si affaccia sul Mare del Nord, a qualche chilometro da Kristiania (l’attuale Oslo).
Durante le vacanze estive numerosi artisti soggiornano a Åsgårdstrand attratti dalla bellezza dei suoi paesaggi. Tra essi vi è Edvard Munch (che proprio nel 1893 dipinse l’Urlo), pittore poco integrato nella comunità locale e guardato con sospetto per il suo stile di vita e per le sue tele, considerate quasi demoniache.
A narrare in prima persona è Johanne, un’adolescente che raccoglie fragole e altre bacche nella foresta per venderle ai turisti.
Johanne è affascinata dalla pittura, è amica di Munch, che frequenta di nascosto. Il pittore le permette di dipingere nel suo studio, la lascia ammirare le sue opere e le regala un libro di Goethe:
“Munch era un vagabondo. Aveva la capacità di nascondersi, di mimetizzarsi come un camaleonte nell’ambiente che lo circondava per poter osservare in silenzio […] Dipingeva. Disegnava. Faceva le cose che avrei voluto fare io. Comunicava tramite forme e colori, come me. Da bambina mi sedevo in un angolino a una certa distanza da lui. Sapeva che c’ero, avvertiva la mia presenza.
[…] Un giorno, l’estate precedente lo avevo incontrato sulla spiaggia […] «Ciao, Johanne» mi salutò attirandomi con un ampio sorriso. «Vieni qui. Ho qualcosa per te». Ero spaventata, ma obbedii. Teneva in mano un libro.
«Prendilo» disse. «Dovresti studiarlo.» […] «E’ di Goethe…. Leggilo. Studialo. Ti aiuterà a capire la luce […]. E la natura» aggiunse Munch. «Ti aiuterà a capire la natura […] la natura parla agli altri sensi» […] «Per l’uomo attento essa mai è in alcun modo morta o muta…»”.
La madre manda Johanne a servizio da una famiglia dell’alta società, qui conosce Tullik, una ragazza di qualche anno più grande di lei, che inizia a sua volta a frequentare Munck; rapporto malvisto dal perbenismo della società locale.
“.. replicò Munch. […] Tullik, rivolta al ritratto di Jacob «Sembra un nobile e invece è solo il custode dello stabilimento balneare.» […] «Sì, l’ho chiamato l’uomo primitivo. La sua vita ha uno scopo, e lui sa qual è. Non come i villeggianti di Kristiania, gli ospiti dell’albergo, alla ricerca continua di nuovi modi per trascorrere il tempo. Dov’è il loro scopo nella vita? E’ forse tra giornali e riviste, nei ristoranti, o durante la passeggiata sul Viale Karl Johan? Accettano l’aiuto di Jacob quando gli fa comodo, senza neanche sapere che lo scopo della sua vita viene soddisfatto dall’atto di servirli. Lei crede che troveranno mai la vera felicità come gli abitanti di Åsgårdstrand che la trovano nelle cose semplici, nel guadagnarsi da vivere?»
Johanne, cameriera/amica di Tullik, ben presto assiste alla trasformazione di quel rapporto in passione.
Ma oltre alla passione per il pittore, che travolgerà Tullik, il romanzo ne racconta un’altra, quella per la pittura, che condizionerà la vita di Johanne.
Come si apprende dalla postfazione, l’opera è contemporaneamente un lavoro di fantasia che il frutto di una approfondita ricostruzione storica.
Il romanzo invita a scoprire i dipinti di Munch e, nel contempo, permette al lettore di “immergersi” nella natura che circonda i fiordi della Scandinavia.
“Mio padre ripeteva spesso che c’erano tanti modi per addentrarsi in una foresta. Si poteva entrarvi di corsa, pieni di entusiasmanti aspettative, senza sapere quali scoperte ci attendevano; si poteva camminare con calma, chiacchierando e ridendo con gli amici, ignari dei tenui rumori intorno a noi; si poteva passeggiare mano nella mano con un innamorato alla ricerca di un rifugio e di un attimo rubato per restare soli; oppure si poteva avanzare furtivi e in silenzio attenti al respiro autentico della natura, in comunione con essa, grazie ad un’osmosi magica e inspiegabile. Fu questa la maniera in cui io e Tullik ci addentrammo nella foresta la sera successiva”.