Avevo già letto “L’invenzione della natura” (di Andrea Wulf, Luiss University Press, 2017), romanzo incentrato sulla biografia del barone Alexander von Humboldt, naturalista, esploratore e geografo; lo ritrovo protagonista in un altro romanzo storico: “La misura del mondo” (di Daniel Kehlmann, Feltrinelli Editore, 2014).
Questa volta la sua vita viene accostata a quella di un altro scienziato tedesco vissuto nella prima metà dell’800: il matematico, astronomo e fisico Johann Friedrich Carl Gauss.
Il romanzo prendendo spunto dal loro incontro, avvenuto a Berlino durante un congresso nel 1828, descrive le vite parallele dei due scienziati tanto diversi.
Humboldt ama viaggiare, esplorare luoghi lontani. Insieme al compagno di viaggio Bonplant esplorerà il Sud America, nell’Orinoco sarà perseguitato dai morsi di sciami di zanzare, verrà a contatto con popolazioni cannibali; lui e Bonplant saranno i primi a risalire le montagne della Cordigliera delle Ande, allora considerate le più alte del mondo: “Al di sopra della parete ripida la nebbia si squarciava […] L’aria fredda era molto rarefatta: per quanto si ispirasse profondamente, nei polmoni ne arrivava pochissima […] Imboccarono un ponticello sottile ricoperto di neve, che attraversava un crepaccio.
Guardare avanti disse Humboldt. Mai in basso!
Immediatamente Bonplant guardò di sotto. Quando il burrone si scagliò contro di lui e il ponticello balzò giù, gli sembrò che la sua prospettiva slittasse. Terrorizzato, si abbarbicò al suo bastone. Il ponte , balbettò.
Va avanti, disse Humboldt.
Niente roccia, disse Bonpland.
Humboldt si fermò. Era vero: sotto di loro non c’erano pietre. Erano su un arco di neve poggiato nel vuoto […]
Bonpland metteva cauto un piede davanti all’altro. Gli sembrò di trascorrere ore a sentire scricchiolare la neve sotto i piedi ed era consapevole che solo pochi cristalli d’acqua lo separavano dall’abisso”.
Ben diverso da quello avventuroso compiuto da giovane in Sud America, sarà il viaggio che Humboldt effettuerà in Russia ad età avanzata. L’esplorazione sarà limitata dai vincoli imposti dalle autorità e dalla fama.
Gauss, al contrario, trascorrerà tutta la vita nella sua terra, odia viaggiare: “Bessel gli chiese sottovoce se avesse voglia di vedere il mare.
Niente spedizioni, disse Gauss.
E’ qua vicino, disse Bessel. Solo una passeggiata!
In realtà fu un altro viaggio estenuante; la carrozza traballò così tanto che a Gauss tornarono le coliche. Pioveva, il finestrino non si chiudeva bene e si bagnarono fino alle ossa.
Ma Bessel continuava a ripetere che ne valeva la pena. Bisognava aver visto il mare.
Bisogna?Gauss chiese dove stava scritto.
La spiaggia era sudicia e anche l’acqua lasciava a desiderare. L’orizzonte sembrava angusto, il cielo basso, il mare una brodaglia nella nebbia lercia. Soffiava un vento gelido. Nelle vicinanze bruciava qualcosa, e il fumo rendeva affannoso il respiro. Fra le onde emergeva e reimmergeva il corpo di un gallo senza testa.
Fatto. Gauss fissò la foschia. Adesso se ne potevano tornare, no?”.
Eppure entrambi gli scienziati sono accomunati dal desiderio di misurare. Humboldt, oltre a raccogliere campioni di minerali, piante e animali, misurerà le altezze dei rilievi, le posizioni geografiche dei luoghi, persino l’altezza delle onde e l’azzurro del cielo. Gauss misurerà le orbite di pianeti e satelliti e poi, a più tarda età, si guadagnerà da vivere come agrimensore.
Humbold mostra una certa empatia con il resto dell’umanità, ad esempio si fa coinvolgere nella lotta contro la schiavitù, anche se poi non riesce ad instaurare un reale rapporto con le persone che lo circondano. Gauss è un tipo solitario, scorbutico, a lui la gente non interessa, è impermeabile alle pulsioni che agitano la società in cui vive; è indifferente a Napoleone, considera inutili i movimenti politici. Non riesce ad instaurare un rapporto affettivo neppure con il figlio minore che lo aiuta nel suo mestiere di agrimensore: “Quello lì scrive poesie. Gauss indicò Eugen con il mento.
Veramente?, chiese Humboldt.
Eugen arrossì.
Poesie e stupidaggini, disse Gauss. Fin da quando era piccolo. […] Il figlio maggiore, Joseph, almeno stava facendo la carriera militare. Eugen invece non aveva imparato niente, non sapeva fare niente. Ma addirittura scrivere poesie!”
Romanzo molto scorrevole, mai banale, fondato su un’assoluta accuratezza storica; non mancano riflessioni sul senso della vita. Il tutto condito con una certa dose di humor. Si può leggere come autoironica la frase che Daniel Kehlmann mette in bocca ad Humboldt: “… romanzi che si tramutano in favole menzognere, perché l’autore mette le sue balzane idee in bocca a personaggi storici.
Riprovevole, disse Gauss.”