Il ministro dell’istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, ci ha recentemente ricordato gli orrori del Comunismo. Ha suscitato soprattutto incomprensioni. Infatti la sua comunicazione avrebbe avuto un senso, politico e storico, una cinquantina di anni fa. Perché adesso? Nessuno, illuminato da una briciola di buonsenso, pensa che in Italia incomba un pericolo comunista. Che sia alle prese con i suoi fantasmi? No, sarebbe troppo sciocco comunicarlo a tutti gli studenti e professori italiani. Ma allora perché?

Di sicuro non voleva fare l’originale, questa storia la conoscono tutti, è stata ripetuta milioni di volte. Negli anni Settanta le sue affermazioni avrebbero suscitato un bel dibattito. Sarebbero state considerate delle provocazioni. Soprattutto perché omettono come e perché è nata la Repubblica Italiana e inoltre omettono deliberatamente tutta la parte nera della storia liberale e democratica, che – se raccontata dalle popolazioni colonizzate e schiavizzate – avrebbe quanto meno equilibrato la bilancia degli orrori comunisti. Ma gli orrori non si bilanciano, non si pesano volgarmente, ci chiedono di essere interrogati. Purtroppo il Ministro Valditara non interroga, lui ha già le risposte. E le omissioni pronte. La sua narrazione è chiara, semplice, comprensibile a tutti. Però mi chiedo il perché di quei 50 anni di ritardo. Mi inquietano più delle omissioni, che sono comprensibili, visto da che parte provengono.

Ho letto recentemente un libro, Il lato oscuro delle storie. Come lo stroytelling cementa le società e talvolta le distrugge, di Jonathan Gottschall (Bollati Boringhieri 2022). In copertina, virgolettata, c’è una citazione: “Niente è meno innocente di una storia”. Aggiungerei: e di chi la racconta. Non è necessario che siano vere, le storie, se poi lo fossero sarebbe anche meglio, ma è importante che le storie siano raccontate in modo convincente, e che siano in grado di manipolare il prossimo. Per esempio il Grosso Trombone Donald Trump si è inventato MAGA, Make America Great Again, che è una grande storia. “A causa della codardia, della corruzione e delle cospirazioni, la più grande civiltà del mondo era stata massacrata: orde di barbari stavano riversandosi fuori dai letamai del mondo per sfondare le porte della nazione e corroderla dall’interno. Ma l’America era pronta a risorgere.” Una narrazione mitica. Il nostro ministro invece predilige le fiction, il suo reality show. Poca roba. Non ha il talento innato del Grosso Trombone. E’ soltanto un Piccolo Trombone.

Eppure stupisce quanto la realtà sia fragile e possa subire danni dalle narrazioni squilibrate. “Tutti amiamo le storie, ma quasi nessuno vuole che siano davvero i migliori narratori a governare il mondo, stimolando le nostre emozioni e riducendo la nostra capacità di usare la ragione. Abbiamo bisogno di più razionalità nel mondo. Ma non la si otterrà combattendo il mondo delle storie… “

Infatti. Stiamo entrando nel mondo dei media sintetici, colloquialmente deepfake, un mondo in cui può essere fabbricata in modo convincente qualsiasi prova testuale o aiudiovisiva su qualsiasi pseudo-verità, dove la bilancia pende a sfavore di chi dice la verità o semplicemente la cerca o meglio cerca quel mondo di persone vere che le cose le hanno fatte e le fanno (dalla nascita della nostra repubblica in poi, ogni giorno, battaglie per il lavoro, per l’uguaglianza, per i diritti) e che vengono fatte scomparire sotto categorie come socialismo, comunismo, liberalismo, democrazia liberale, cristianesimo, e così via semplificando e omettendo.

Chiuderei con una citazione da un pezzo di Carmelo Pennisi, comparso sul sito di Toronews: “A volte quando capita di ascoltare o leggere dichiarazioni dei “potenti” italiani contemporanei, si ha chiara la sensazione di aver finalmente individuato il motivo, o i motivi, della crisi in cui si attanaglia il nostro Paese da trent’anni. Si badi di non ricondurre tutto alla classe politica, dove attualmente le ombre dei nani si allungano visto l’evidente tramonto del sole; non è solo dello scadimento della qualità parlamentare la responsabilità dell’affermarsi della soverchia dell’ignavia, dell’ignoranza, della disinvoltura fine a se stessa. Non siamo al “tutto sbagliato e tutto è da rifare” di “bartaliana” memoria, siamo al punto peggiore della nostra Storia, dove augurarsi la “damnatio memoriae” di questo tempo è probabilmente l’unica scelta sensata per salvare il buon gusto dei nostri posteri. A voler essere inclini ancora all’ottimismo potremmo agganciarci al tempo che passa, poiché esso, direbbe Seneca, rivela la verità oppure, aggrappandoci disperatamente a Jane Austen, spiegherà”.

Che voto darebbe il ministro Valditara a un suo studente se gli presentasse una storia come quella che ha raccontato lui?

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