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La distanza tra le stelle di Lily Brooks-Dalton

 

 

 I protagonisti del romanzo “La distanza tra le stelle” di Lily Brooks-Dalton (Editrice Nord, 2017) sono Augustine, un anziano astronomo che ha dedicato l’esistenza allo studio delle stelle, e Sully, che ha anteposto la carriera di astronauta agli affetti dei suoi cari.

Augustine vive in un osservatorio astronomico nel Circolo Polare Artico; quando scatta un allarme planetario, mentre gli altri scienziati vengono richiamati a casa, lui, che non ha mai avuto una famiglia, si rifiuta di evacuare, decide di restare.

“… lui [conosceva] solo le stelle lontane miliardi di chilometri. Aveva passato un’intera vita in giro per gli angoli più remoti del pianeta senza mai curarsi nemmeno per un secondo della cultura, della fauna o della geografia che lo circondavano, delle cose che aveva davanti agli occhi. Gli erano sempre sembrate superficiali, triviali. Il suo sguardo era sempre stato rivolto lontano. Le poche cose che sapeva dell’ambiente che lo circondava, le aveva imparate per caso. Mentre i colleghi esploravano i dintorni dei loro centri di ricerca, passeggiando nelle foreste o visitando le città, lui indagava i profondi recessi del cielo, leggeva tutti i libri e gli articoli che gli capitavano tra le mani, passava settantadue ore a settimana davanti al telescopio, in cerca di fenomeni avvenuti miliardi di anni prima, senza prestare la minima attenzione al presente.

Se Augustine si trova a vivere da solo nella base artica e ha intorno a sé distese innevate a perdita d’occhio, Sully condivide luoghi angusti con i suoi colleghi astronauti, lei è la responsabile delle comunicazioni della missione spaziale che ha raggiunto l’orbita di Giove.

Il viaggio nel sistema solare dura due anni, quando l’astronave è sulla strada di ritorno le comunicazioni con il pianeta Terra s’interrompono.

La Terra da lontano sembrava tale e quale a come l’avevano lasciata […] Un’enorme oasi rotonda nel mezzo di un deserto nero e assetato. Fu solo poco prima di entrare nell’orbita che Sully capì cosa non andasse. Quando si trovarono di fronte al lato in ombra del pianeta si resero conto che era buio. Non c’erano città illuminate, né arazzi di lucine scintillanti. Questo non fece che aumentare l’ansia in loro da quando le comunicazioni si erano interrotte, prima di Giove. Non c’era più una luce, in nessuna città. Com’era possibile?

Il romanzo racconta la solitudine dei due protagonisti che, spinti da un pianeta Terra fattosi improvvisamente silenzioso, fanno i conti con il proprio passato.

Le due storie parallele s’alternano nei capitoli del romanzo. I due protagonisti, nonostante la distanza siderale, sono accomunati da vite caratterizzate dalla fragilità dei rapporti umani, dal trovarsi in luoghi desolati.

Augustine e Sully entrano in contatto solo nell’ultima parte del racconto; dopo tanti inutili tentativi, l’astronave riesce a comunicare con l’angolo più sperduto del pianeta, una base su un’isola artica.

… Sully tornò nella postazione.

Cercò di ristabilire la connessione con l’Artico […] Ormai era chiaro che quell’uomo non disponeva delle informazioni in cui speravano – una spiegazione -, però c’erano altre cose che lei voleva chiedergli. Voleva che le parlasse della Terra: dei tramonti, del clima, degli animali. Voleva che lui le ricordasse cosa si provava a stare dentro l’atmosfera, sotto la volta gentile della luce del giorno. Ricordarsi com’era sentire la terra sotto i propri piedi, avere la suola delle scarpe sorretta da pietre ed erba.

Accanto all’esplorazione dello spazio e della tundra artica ce n’è un’altra, quella dei sentimenti umani.

Non c’è un susseguirsi di accadimenti emozionanti, eppure la trama riesce ugualmente a tenere il lettore incollato al libro. Non è certo il finale (che non c’è) la cosa più importante del romanzo, a catturare l’attenzione del lettore sono gli spazi siderali e le lande desolate dell’Artico, dove si trovano a vivere i due protagonisti, descritti con un linguaggio scarno ed essenziale.

 

 

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