Navighiamo ogni giorno nelle acque avvelenate dell’informazione globale ed è sempre più complicato distinguere una notizia falsa da una vera. Ognuno crede di poter esprimere la propria opinione su qualsiasi argomento e su qualsiasi persona. Non solo, ognuno può sfogare le proprie frustrazioni sui social media, e infine: nei social media vengono immesse in continuazione notizie false. “Le bufale un tempo erano oggetto di curiosità, bizzarri orpelli della credulità umana di cui discutere tra il serio e il faceto. Oggi causano allarme sociale”.

Chi ha visto il film sull’elezione di Donald Trump nel 2016 e la manipolazione delle informazioni contro la sua avversaria, Hilary Clinton, architettate da una potenza straniera, cioè la Russia, ha potuto rendersi conto quali conseguenze possono determinarsi. Si possono plagiare le persone ma anche destabilizzare gli Stati. Tuttavia il libro di Fabio Paglieri, La disinformazione felice (Il Mulino 2020), spiega che i benintenzionati, cioè quelli che si dedicano allo smascheramento delle bufale o delle fake news, possono produrre più danni delle notizie false, perché creano soltanto una polarizzazione tra chi ci crede e chi non ci crede, e quindi “rischia di esacerbare il male che vorrebbe curare”. Parlatene male purché se ne parli, diceva una vecchia massima.

L’autore, ricercatore presso l’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del Cnr di Roma, spiega, attraverso esempi, come lo smascheramento richieda tempi lunghi, curiosità, energie, intelligenza, umiltà, eccetera. E alla fine, proprio perché la notizia falsa viene comunque riciclata, e non tutti prestano la dovuta attenzione alla qualità delle notizie, nel bene o nel male di quella cosa si parla. Quindi Paglieri spiega “cosa non fare con le bufale” e, dopo aver discorso di archeologia delle bufale, con esempi antichi e moderni, dedica la quarta parte del libro ai consigli: “A scuola di disinformazione”.

Queste notizie false insomma non sono spazzatura di cui sbarazzarsi ma una opportunità per affinare il nostro rapporto con le informazioni. Sono occasioni per imparare a convivere e orientarsi e soprattutto affinare le nostre conoscenze e sensibilità. Ma per i più giovani? Sono quelli più esposti e appunto per questo tali tematiche dovrebbero essere affrontate a scuola. “Come recita un famoso motto anglofono, bisogna mettere i propri soldi laddove si fanno grandi discorsi. Altrimenti l’appello al fondamentale ruolo della scuola resta lettera morta”.

Risorse e intelligenza, inutile immettere odio dove già l’odio abbonda. E dovremmo trasformarci nel Pollicino della celebre fiaba, “per cambiare la narrazione in cui siamo immersi”.

Fabio Paglieri, La disinformazione felice. Cosa ci insegnano le bufale. Il Mulino, 2020. Euro 16

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