Vecchio e nuovo, due concetti che in letteratura, oggi, portano verso considerazioni curiose. Non è detto che il vecchio sia vecchio e il nuovo nuovo, e soprattutto che l’uno abbia più valore dell’altro, ma che cosa sarebbe vecchio e che cosa nuovo? Qualsiasi lettore non ingenuo potrebbe avanzare qualche dubbio, e magari schierarsi istintivamente per uno scetticismo radicale verso tutto il sistema, sia editoriale sia della diffusione e ricezione.

Nei campi non coltivati e un tempo ricchi di sorprese della cosiddetta critica militante oggi troviamo giardini all’inglese, all’italiana, all’americana, orticelli per anziani, per bambini e così via. Voglio dire che è tutto prevedibile e soprattutto previsto, organizzato, programmato, sovvenzionato, felicemente accolto, con gli autori che fanno le loro visite pastorali nelle trasmissioni televisive a presentare le loro novità che non sono mai novità, se non cronologicamente, e presentano come il Melquìades di Garcìa Màrquez la loro ottava meraviglia dei savi alchimisti della Macedonia (la calamita, il ghiaccio) …

Sì, riflettevo su questo fatto. Forse la mia generazione è stata l’ultima a sperimentare una evoluzione (e involuzione) in letteratura, oggi sostituita da una selezione artificiale, da ingegneria genetica e clonazioni. La letteratura anticipa la scienza, come sempre. Tra breve si potranno scegliere i propri figli, con gli occhi azzurri o verdi, i capelli biondi o scuri, sensibili, intelligenti, come già si producono libri che assomigliano a Calvino, a Sciascia, a Flaiano, oppure agli americani, che sono davvero bravi ma soprattutto attirano, o ai poeti inglesi del secondo novecento, le alchimie e le combinazioni sono infinite. Del resto siamo nella globalizzazione. I cinesi insegnano. O siamo noi che abbiamo insegnato ai cinesi? Ridotto all’osso, il discorso editoriale è semplice: si tratta di intrattenere e commuovere. Il fine giustifica i mezzi, che del resto sono sempre più scarsi, compresi gli apparati del consenso, ai quali anche i critici più svegli non vedono l’ora di fornire la loro forza lavoro. Pochi decenni fa gli intellettuali denunciavano omologazioni e mutazioni antropologiche, oggi escono in pubblico con l’imprimatur delle associazioni dei consumatori, le loro opere sono pastorizzate, non fanno male. La vivacità era data soltanto dalle guerriglie tra affiliati a consorterie (politiche, massoniche, amicali, accademiche etc.) o da divisioni del territorio tra bande rivali; oggi c’è una palude, neanche livida, omogeneizzata, che emette di tanto in tanto qualche velleitario rigurgito.

Il Woody Allen di Amore e guerra raccontava che il giovane Gregory era più vecchio del vecchio Gregory. In effetti, quando sulla piazza del mercato compare un libro venuto dal passato e inspiegabilmente sopravvissuto, sembra fatto di una sostanza sconosciuta, sembra provenire da un altro mondo, da un mondo più giovane e più vero.

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