E’ come la gramigna. Infestante. Qualche uso se ne può fare, soprattutto diuretico. Della gramigna, dico. Oppure, per tornare alla letteratura, come passatempo.
Del romanzo, dico. Ci sono per la verità dei passatempi migliori, sotto ogni aspetto, ma sono tutti più culturali del romanzo. Una bella passeggiata mette in gioco fantasia e realismo in modo più diretto. Certo, dispiace per gli autori: non ce ne sono mai stati così tanti e così bravi. Soprattutto così pieni di contenuti e di invenzioni. Ma una camminata, eh una camminata … vagare senza meta, in città o fuori città, non dico un’escursione, proprio camminare, stare a contatto con la realtà mentre la realtà si sta sviluppando attorno a te, i luoghi che hanno ricordi e quelli che non li hanno, un colloquio vero, eccetera, tutto questo è impagabile. Però capisco che queste passeggiate richiedono l’uso del cervello e potrebbe essere stressante. Forse è meglio leggere un romanzo, è più rilassante, poco impegnativo, e in fondo si sa che è solo un esercizio retorico.
Per accettare di leggere un romanzo, il romanzo dovrebbe essere un romanzo e l’autore un autore. Se il romanzo è solo uno dei generi commerciali meno in voga e l’autore un falsario, oppure uno di quei genietti usciti col certificato e la cassetta degli attrezzi dalle scuole di scrittura, perché non farsi delle belle passeggiate, conversare con gente vera, anche se banale (ma sempre meno banale dei romanzi), insomma guardare la vita svolgersi senza pensare di verbalizzarla, o di costringerla dentro stampini di plastica? E abbandonare per sempre quel mondo lugubre e carnevalesco dei premi letterari, che coincide ormai con la famosa scena del gioco del tennis in Blow-up di Antonioni.
Immagine: un manifesto di Massimo Dolcini