18 dicembre 2024

Non ce l’hai fatta. L’ho appreso telefonando al CRAS (Centro Recupero Animali Selvatici) per chiedergli informazioni sul tuo stato di salute. Sei deceduto la scorsa notte. Ad ucciderti un’intossicazione.

Mi ero imbattuto in te due giorni fa. Io e Rita eravamo giunti in bicicletta al moletto dell’Arzilla. Seduti sulla panchina, ci stavamo godendo la mattinata soleggiata. Nel tratto di mare interno alle scogliere c’era un altro individuo della tua specie: uno svasso maggiore. Mentre i gabbiani, come barchette di carta, galleggiavano su quelle acque calme, lui, senza tregua, s’immergeva, nuotava sott’acqua per quasi un minuto, emergeva a decine di metri di distanza, pochi secondi e, via, un’altra immersione.

Volgendomi dalla parte opposta del moletto, ti notai in controluce. Non eri in acqua, sostavi sulla battigia del Lido di Fano, ti pulivi il piumaggio. 

Finora, non mi era mai capitato di osservare uno svasso fuori dall’acqua. Non siete fatti per muovervi sul terreno. Trascorrete quasi tutta la vostra esistenza nell’ambiente liquido; anche ad alzarvi in volo siete piuttosto restii (lo fate soprattutto durante le migrazioni). Le vostre zampe lobate e la loro posizione molto arretrata vi rendono perfetti per il mondo acquatico – il nome scientifico del vostro genere, “Podiceps”, è riferito alle zampe situate molto indietro sul corpo -; siete estranei alla terraferma, che al massimo lambite nuotando presso la riva. 

L’operatore del CRAS, a proposito dell’intossicazione che ti ha colpito, ha detto che capita spesso di recuperare gabbiani intossicati per avere mangiato “robacce” nelle discariche. Penso che tu riterresti questo accostamento offensivo, voi svassi non vi degradate a frequentare discariche. Chissà, forse durante una emersione sei finito in mezzo ad una chiazza di gasolio e ti sei intossicato nel tentativo di eliminarlo dal piumaggio.

Nell’acqua vi nutrite, riposate, vi corteggiate. Perfino il nido ci costruite – galleggiante e ancorato alla vegetazione palustre. Eppure tu stavi sulla terraferma aliena, apparentemente tranquillo, a pulirti il piumaggio.

La convinzione che qualcosa non andasse si rafforzò quando una persona ti passò accanto e la sua ombra si proiettò su di te, ti limitasti a tenere il collo eretto e a piegarlo all’indietro aprendo il becco, ma senza spostarti.

Rimanesti fermo pure quando un cane gironzolò a non molta distanza, lui era un cane da salotto e non ti notò, ma tu senz’altro devi averlo visto.

Mi avvicinai a te, a pochi metri. Non capii se eri un lui o una lei, voi svassi siete difficilmente distinguibili. Dietro di te, sulla sabbia bagnata, c’erano ancora i segni ravvicinati delle tue zampe lobate; faticosamente dovevi avere guadagnato la riva. 

Telefonai al CRAS (Centro Recupero Animali Selvatici) delle Marche. 

«Non abbiamo operatori disponibili. Sono tutti fuori», l’operatore mi chiese se potevo portarti io ad una clinica veterinaria di Fano, convenzionata con il CRAS. 

«Non posso, sono giunto qui in bici»

«Manderemo qualcuno, appena sarà disponibile».

Giunse una donna; anche lei avrebbe voluto fare qualcosa per te ma, come me, era giunta in bicicletta. 

Le dissi che avevo telefonato al CRAS ma che non potevano intervenire subito.

Tornato sul moletto aspettai ancora un po’, tu eri sempre fermo sulla battigia. Discutendo con Rita, arrivai alla conclusione che non potevo abbandonarti al destino. 

Velocemente, in bici, raggiunsi il bar più vicino. Passai tra i tavoli dei clienti che si godevano la colazione dalla vetrata affacciata sul mare.

«Posso farle una richiesta strana?» chiesi alla cameriera che aveva appena terminato di servire dei clienti al bancone. 

«C’è in spiaggia un animale ferito, avrebbe uno scatolone?»

«Guardo se c’è in magazzino». 

Mentre stavo tornando con lo scatolone in mano notai che due cornacchie grigie ti si erano avvicinate a pochi metri – curiosità o cattive intenzioni? Al mio arrivo scapparono via. No, non potevo lasciarti lì. 

Ti sollevai, tu mi ringraziasti allungando il collo e dandomi delle beccate, ma avevo messo i guanti e sentii appena i colpi del tuo lungo becco appuntito. Tornato sul moletto ero ancora indeciso sul da farsi, su come portarti alla clinica veterinaria: in bicicletta era complicato, lo scatolone era senza la parte superiore e tu continuamente allungavi il collo e cercavi di uscire. Giunse Gianni, un mio conoscente, è un appassionato della bicicletta ma quella mattina era arrivato in auto, parcheggiata vicino al moletto. Si offrì di accompagnarci alla clinica veterinaria. 

Dopo avere provato l’ebbrezza della terraferma, ti è toccata pure quella di un viaggio in automobile, tu che finora ti eri imbattuto solo in mezzi navali. Sull’auto continuavi ad allungare il collo, io con le mani aperte a mo’ di coperchio per convincerti a non uscire. Protestavi con delle beccate incruente – io continuavo ad indossare i guanti. 

Nella sala di attesa della clinica veterinaria, ancora con lo scatolone in mano, vidi che avevi ripreso a pulirti il piumaggio.

Voi svassi utilizzate le acque costiere adriatiche come quartiere di svernamento. Chissà se, prima di quella mattina ti avevo già incontrato? Se facevi parte di quel gruppo di quattro svassi maggiori presenti lo scorso 5 dicembre alla foce del Metauro, o se eri l’individuo osservato qualche giorno dopo davanti alla spiaggia Sassonia, o quello visto successivamente all’interno del bacino portuale di Fano; forse proprio lì sei finito in una chiazza di idrocarburi.

Quando tornai al moletto, Rita mi riferì che era ripassata la donna con cui avevo parlato, questa volta con uno scatolone, e ci cercava. Rita gli spiegò che noi due eravamo già in viaggio verso la clinica veterinaria. 

«Meglio così» rispose. 

Come vedi, più di uno si era preoccupato per te. Ma non è bastato. 

Di te ora resta una carcassa che sarà inviata ad un laboratorio per capire le cause del decesso, ma io voglio ricordarti come nella foto che ti ho scattato poco prima del recupero: con il tuo bel piumaggio, la cresta nera sul capo, il becco rosa e gli occhi rossi. 

Didascalie foto:

1 – Svasso maggiore, foce Arzilla, 16 dicembre 2024

da 2 a 6 – Svasso maggiore, Lido di Fano, 16 dicembre 2024

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