Avevo “scoperto” quella pubblicazione lo scorso novembre. In convalescenza dopo l’intervento al ginocchio, ero relegato dentro casa. Impossibilitato a far visita alla natura, la cercavo navigando nel web. “Il Lago di Serravalle di Carda” (Greta ed., 2011) l’avevano scritta Renzo Savelli ed Edmondo Lucchetti, due appassionati di storia locale. 

Dalla descrizione del contenuto del libro appresi che i due autori avevano svolto un’accurata ricerca  archivistica ricostruendo una vicenda risalente alla fine del XVIII secolo. Si trattava di una disputa iniziata nel 1782, ed arrivata fino al foro ecclesiastico del vescovo di Cagli, fra don Pietro Antonio Paleani, parroco di S. Cristoforo di Carda, e i suoi fratelli, contro  il nobile cagliese Guido Antonio Felici, abate Giunchi. Motivo della disputa la pretesa da parte dei fratelli Paleani di essere proprietari di una porzione dello scomparso lago di Serravalle, nel quale si pescava il pregiato “pesce Tinca”. 

Il “caso giudiziario” ebbe all’epoca una notevole risonanza, non solo perché coinvolse in modo diretto due uomini di chiesa, ma anche per il numero di persone che furono costrette, più o meno spontaneamente, a testimoniare a favore dell’una o dell’altra parte.  Dalla lettura degli atti, erano evidenti le pressioni esercitate dai due contendenti, entrambi personaggi influenti, sui contadini della zona.

L’esistenza del lago naturale mi aveva incuriosito – le Marche sono “avare” di laghi naturali, mi vengono in mente solo il Lago di Pilato nei Monti Sibillini e il laghetto salmastro di Portonovo al Conero –, decisi di saperne di più. Il libro era stato pubblicato una decina di anni prima; consultando il Sistema Biblioteche Marche Nord scoprii che una copia era depositata nell’Archivio di Stato della mia città.

Appena mi liberai delle stampelle, a gennaio, feci visita all’Archivio di Stato di Fano e passai alcune ore a leggere la pubblicazione di Savelli e Lucchetti.

Il lago era situato in località “Val del Lago”, poco distante dalla Serra dei Castagni: “Dalla Serra dei Castagni nasce un breve corso d’acqua … Nel tratto iniziale si trovavano e in parte ancora oggi si trovano alcune importanti sorgenti perenni e forse una o più di esse da tempo non meglio precisabile formava un piccolo lago. Il grazioso borgo rurale, chiamato «Val del Lago» … conserva tuttora  il nome, attestato fin dal XII secolo”.

Più precisamente lo specchio d’acqua era posizionato tra Val del lago e la Casaccia, edifici tuttora esistenti: “… il lago di Serravalle sorgesse in una zona relativamente pianeggiante, che occupava l’attuale conca compresa appunto fra le case di Val del Lago e quella chiamata la Casaccia”. 

Una frana avrebbe formato una conca dentro la quale si sarebbe raccolta l’acqua di una sorgente originando il lago, come risulta dall’affermazione di Pietro Antonio del fu Gregorio, mezzadro residente alla Casaccia (7 settembre 1782): “Mi dicevano … che anticamente d.o lago era un prato, e stante una lama divenne un lago, o sia stagno d’acqua”.

Dalle testimonianze rese da vari personaggi si desume che il lago era ricco di tinche e che l’attività della pesca era praticata nel lago almeno fin dagli inizi del Settecento: “il lago [è] riccho [sic!] di pesce Tinca” (28/9/1782); Pietro Antonio del fu Gregorio: “ …  affermava di avere preso Tenca o altro pesce” (7//9/1782). Apparivano due tecniche da pesca: “pesca «coll’amo» o «con la canna», pesca «con li ruotoli [ntendevano le nasse] o altri ordegni»”.

Anche se il lago non esisteva più –  “fu prosciugato nel 1927” -, il 21 maggio con mia moglie andai alla sua ricerca; ormai avevo recuperato completamente l’uso della gamba  operata e da tempo non c’era più il divieto imposto dalla pandemia di muoversi al di fuori del territorio comunale – le Marche  erano tornate in zona gialla. 

Superato Val del Lago (che ospita un allevamento di cavalli), avevamo lasciato la strada bianca varcando un cancello di legno. Percorremmo il margine tra bosco e pascolo e, di tanto in tanto, io entravo nel bosco alla ricerca della conca naturale; non avendola trovata tornammo indietro e riprendemmo la strada bianca che conduce alla Casaccia.

Un cane alla catena, qualche gatto, poi notammo un uomo seduto nel cortile della casa. L’uomo ci venne incontro. Gli domandai del  lago. Conosceva bene quella conca, si trovava all’interno del bosco di proprietà di suo fratello. Dalle informazioni che ci dette capimmo che, poco prima, ci eravamo passati vicino. Ci avvisò che era difficile arrivarci perché il bosco non era stato “pulito”.

Trovammo la depressione all’interno del bosco; ciò che restava del Lago di Serravalle era un acquitrino completamente ricoperto dalla vegetazione palustre. 

Savelli e Lucchetti esaminando le mappe del catasto napoleonico, che riportavano il lago, ne avevano ricostruito le dimensioni: “Esso era di forma pentagonale, largo 36 metri e lungo fra i 40 e i 60 m”. 

Nelle mappe catastali napoleoniche è dunque riportato il lago di Serravalle, ma ridotto dai 1700 mq del catasto del 1760 ai 1480 del 1813-14.”

“… In quanto alla profondità esso doveva essere, specialmente al centro di vari metri …  Benedetto del fu Simone Orazi di Urbania, che il 19 dicembre 1782 raccontò come nel mese di agosto di quattro anni prima si era recato “a pescare la Tinca nel lago … mi spogliai nudo, ed entrai nel lago notando in esso, e stante la pioggia che sopravvenne poca Tinca potetti prendere”.

Secondo la stima molto sommaria che feci, l’acquitrino posto alla base della conca era largo una decina di metri e lungo una ventina. La profondità era di pochi centimetri.   

Facendo il periplo dello specchio d’acqua, muovendomi con difficoltà tra il fango della riva ed i rami del bosco che lo assediano, trovai un fossatello che fungeva da troppo pieno e  poco più a monte delle cisterne che probabilmente intercettavano la sorgente che un tempo  alimentava il Lago di Serrravalle.

Rinvenni pure un tratto di muretto a secco dell’antica mulattiera che costeggiava il lago: era la prova definitiva che la conca era quella indicata nella pubblicazione di Savelli e Lucchetti: “La vecchia strada comunale che, attraversato il borghetto di Trebbio e superate le case di Val di Lago, raggiungeva Acquapartita, ormai da decenni abbandonata perché sostituita dalla moderna strada provinciale, è in più parti del tutto scomparsa o in altri è ricoperta di rovi, ma il tratto che fiancheggiava il lago, come risultava nelle mappe napoleoniche, è tuttora ben visibile. Essa è larga circa tre metri … Il lato che dà verso il laghetto era protetto da un muro a secco, tuttora in buona parte esistente, lungo m. 27, alto e largo un metro”.

Bibliografia

SAVELLI R. & LUCCHETTI E. , Il lago di Serravalle di Carda. Storie di nobili, servi, contadini, garzoni, pescatori di tinche, religiosi truffaldini e testimoni pentiti tratte dalle carte di un processo del XVIII secolo, Greta ed., 2011

Didascalie foto:

1 – Copertina del volume “Il Lago di Serravalle di Carda”

2 – Boschi e pascoli di Val del lago

3 e 4 – L’acquitrino nella conca che ospitava il Lago di Serravalle, 21 maggio 2021

5 – Muretto a secco dell’antica mulattiera che costeggiava il lago

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