26 ottobre 2022
Sono tornato a visitarti. Il tratto di riva fluviale dove vivi l’ho raggiunto in bicicletta come la prima volta che ti ho scoperto, nel 1964.
La mia famiglia si era trasferita da poco nella zona dello stadio. Allora era lì l’estrema periferia a sud di Fano, intorno campi di cavolfiore; nei terreni prossimi alla Chiesa della Gran Madre di Dio erano i buoi a tirare l’aratro; il mulo del “Falco”, il carrettiere, pascolava vicino alla mia abitazione.
Anziché giocare al pallone con gli altri ragazzini del quartiere nel campetto vicino a casa, inforcavo la bicicletta ed esploravo il nuovo territorio. Dapprima i prati del Campo d’aviazione dove un gregge di pecore conviveva con l’attività aerea. Poi ampliai le mie esplorazioni. Attraversavo il Campo d’aviazione (allora l’area aeroportuale non era recintata ed una stradina tagliava ad un’estremità la pista d’atterraggio), giunto alla Montagnola (dove ora c’è il parcheggio dei nuovi hangar), imboccavo la strada sterrata cinta da un’alta siepe (allora lì si era in aperta campagna) e raggiungevo la riva sinistra del Metauro.
Oggi per farlo ho attraversato una zona industriale, percorso un tratto di bretella dove corrono auto e camion e costeggiato la strada a scorrimento veloce che passa accanto all’autostrada.
Lascio la bicicletta vicino al nuovo ponte – squallidi piloni al posto dei pioppi di un tempo – e proseguo a piedi facendomi largo tra le canne del Reno che chiudono il sentiero, poi, ecco, ti vedo, unico esemplare arboreo in un mare di canne, in prossimità del terrapieno. In quanto patriarca vegetale, solo tu sei stato risparmiato durante i lavori di pulizia dell’argine.
Come ho già fatto tante altre volte, misuro a spanne il diametro del tuo fusto e calcolo la tua circonferenza (circa 4 metri), anche se poi il tuo tronco è un cilindro cavo, un canale lo attraversa longitudinalmente – se entro all’interno dell’estesa cavità alla tua base (l’ingresso è alto più di 180 centimetri) e alzo lo sguardo verso l’alto, posso notare un varco di luce.
Ma se la circonferenza è la stessa, qualcosa è cambiato rispetto alle ultime volte, manifestando la tua sempre maggior fragilità: ad essere ricoperti di foglie sono solo i rami più in basso, il resto del tronco si è seccato.
Quando ti ho scoperto la tua linfa saliva potente contrastando la forza di gravità per 25 metri; anche dopo che la tua parte sommitale si era seccata ed era caduta (tra gli anni ‘70 e ‘80) il verde della tua chioma ha continuato a dominare questo tratto di golena. Oggi invece la tua linfa scorre solo nei rami a 3-3,5 metri, l’altezza di un arbusto.
La fascia di pioppi vicini all’alveo, che tu hai visto nascere e che guardavi dall’alto della tua imponenza, ora domina su ciò che resta del tuo fogliame.
Per quante altre stagioni la linfa scorrerà in te? Consolati, forse ti spegnerai senza conoscere il morso della motosega.
Didascalie foto:
1 – Il Grande Pioppo Nero, Fiume Metauro (Fano), anni ‘70;
2 – Il Grande Pioppo Nero, ottobre 2012;
dal 3 al 5 – Il Grande Pioppo Nero, 26 ottobre 2022