Ti vedo da lontano mentre percorro il sentiero circondato da canne del Reno. In questo tratto di riva fluviale sei l’unica sagoma arborea in prossimità del terrapieno.
Sagoma ben diversa da quella che avevi negli anni ‘70, quando eri alto 25 metri, poi la tua parte sommitale si è seccata ed è caduta.
Di tanto in tanto vengo a trovarti; lo faccio da tanto tempo – almeno dal 1964.
Le prime volte da preadolescente, quando, anziché giocare con i coetanei nel campetto vicino a casa (alla periferia sud di Fano), inforcavo la bicicletta e, solitario, raggiungevo il fiume.
Senza i pericoli del traffico di oggi, senza dovere percorrere bretelle dove corrono auto e camion, senza la recinzione che oggi delimita la pista d’atterraggio, attraversavo il Campo d’aviazione e, giunto alla Montagnola, imboccavo la strada bianca cinta da un’alta siepe (allora lì si era in aperta campagna e non, come ora, nei pressi di una zona industriale), poi la mia bici costeggiava l’esteso vivaio e raggiungevo la riva sinistra del Metauro.
Il mio mondo (di bambino) si era di colpo dilatato, ora il confine passava per quel fiume.
Le prime volte che ti ho visto non eri solo come ora, c’erano intorno altri pioppi neri come te, uno aveva le tue stesse dimensioni ma è crollato a causa del fortunale che si è abbattuto su Fano nel 1964; ma, per l’estesa cavità alla tua base (l’ingresso è alto più di 180 centimetri), fosti tu fin dalla prima visita ad attirare la mia attenzione.
Allora c’erano solo gli spari dei cacciatori, poi sono arrivati altri rumori, quelli dei copertoni che corrono sull’asfalto: a poche centinaia di metri da te è stata realizzato il ponte dell’autostrada; successivamente questa è stata allargata da quattro a sei corsie, infine, pochi anni fa, a fianco di quello autostradale è stato costruito un altro ponte, di una strada a scorrimento veloce – ma tanto tu non hai orecchie per sentire.
Come ho già fatto tante altre volte, misuro a spanne il diametro del tuo fusto (quasi 140 centimetri). Oggi misuro pure la tua cavità (circa 1 metro di diametro), ormai una buona parte del tuo fusto è solo un cilindro cavo.
Ma anche all’esterno non sei messo bene! Ti stai squamando! Altri estesi pezzi della tua corteccia si sono staccati e giacciono a terra tra le canne del Reno che ti assediano. Un grosso ramo spezzato è sospeso nel vuoto, trattenuto da altri rami. Spero che non si posi su di te l’occhio preoccupato di qualche funzionario responsabile della manutenzione del verde che vuole dormire sonni tranquilli.
Mi chiedo perché (almeno da noi) quando un albero mostra i segni dell’età, anziché essere considerato un patriarca vegetale, viene visto come un pericolo e, in quanto tale, spesso abbattuto; perché non è sufficiente apporre dei cartelli in cui si precisa che chi decide di passargli accanto lo fa a proprio rischio e pericolo?
Ma cosa te lo dico a fare? tu non pensi; hai già capito però, attraverso il flusso di energia che circola tra le parti ancora vitali del tuo fusto, che fra poche settimane i tuoi rami nudi si orneranno di nuove foglie ed infiorescenze, che un’altra stagione ti aspetta.
6 febbraio 2022
Didascalie foto:
Il Grande Pioppo nero del Metauro (Fano, PU), 6 febbraio 2022