Penso di poter parlare di questo libro di Carlo Rovelli, dopo averlo letto per la terza volta in pochi mesi: Helgoland (Adelphi, 2020). Rovelli è un fisico teorico e scienziato che ha una straordinaria chiarezza espositiva. Tra i suoi libri più recenti ho letto La realtà non è come ci appare, sulla struttura elementare delle cose (Cortina editore), L’ordine del tempo e Sette brevi lezioni di fisica (da Adelphi). La cosa più interessante è che Rovelli vuole che tutti comprendano la nuova visione del mondo che la fisica quantistica ha prospettato e continua ad approfondire. La ricerca scientifica deve essere condivisa, riguarda tutti. Riguarda soprattutto le nuove generazioni, che sono così abili con le tecnologie ma di solito non si chiedono da dove provengono. Non certo da Helgoland eppure anche da Helgoland. 

Helgoland è un’isola del Mare del Nord. Nel giugno del 1925 lo scienziato ventitreenne Werner Heisenberg si reca su questa isola desolata per meditare senza distrazioni sul mondo dei quanti. Era lì per alleviare l’allergia di cui soffriva, dice Rovelli, ma c’era un problema che lo ossessionava: perché gli elettroni girano attorno al nucleo solo su certe orbite, a certe precise distanze dal nucleo, e poi saltano magicamente da un’orbita all’altra? Tale descrizione proveniva dallo scienziato danese Niels Bohr, che aveva raccolto attorno a sé i più brillanti giovani fisici del tempo. Ebbene lì, in quell’isola, Heisenberg risolve il problema, o quanto meno segna l’inizio del viaggio. “Erano più o meno le tre del mattino quando il risultato finale dei miei conti fu davanti a me. Mi sentivo profondamente scosso. Ero così agitato che non potevo pensare di dormire. Lasciai la casa e mi misi a camminare lentamente nell’oscurità. Mi arrampicai su una roccia a picco sul mare, sulla punta dell’isola e attesi il sorgere del sole”. Rovelli commenta: “mi sono chiesto spesso quali fossero i pensieri e le emozioni del giovane Heisenberg arrampicato sulla roccia a picco sul mare, nella spoglia e ventosa isola di Helgoland, nel Mare del Nord, mentre guardava la vastità delle onde, dopo avere gettato per primo lo sguardo su uno dei più vertiginosi segreti della natura che l’umanità abbia mai intravisto.”

Questo è l’inizio del libro. Ancora una volta Rovelli ci spalanca gli abissi del mondo “piccolo” che sembra non avere le stesse leggi del mondo “grande”, e la stranezza è che si tratta di una dimensione delle cose che per noi sembra non avere certezze sebbene tutta la nostra vita attuale sia modellata dalle intuizioni dei fisici che hanno studiato e studiano i comportamenti delle particelle “elementari”. Una dimensione difficile da osservare e immaginare, che ha meravigliato e stravolto la nostra quotidianità, e continuerà a farlo.

Noi possiamo osservare ma solo fino a un certo punto questo mondo. Paul Dirac, altro rappresentante di quella che verrà chiamata “la fisica dei ragazzi”, scrive: “Un’osservazione è necessariamente accompagnata da una certa perturbazione dell’oggetto in esame. Potremmo pertanto definire grande un oggetto quando la perturbazione che accompagna la sua osservazione da parte nostra possa ritenersi trascurabile mentre lo potremmo definire piccolo se tale perturbazione non può essere trascurata. Esiste un limite che è inerente alla natura stessa delle cose.” Due mondi che sono lo stesso mondo ma che hanno regole diverse. Come è possibile?

Rovelli ripercorre le discussioni e le svolte di questo dibattito secolare che effettivamente riguarda tutti, perché descrive una natura inaspettata e cambia ogni punto di vista sulle cose e su noi stessi. Verso la fine il libro si sofferma sulle discussioni filosofiche, partendo dal contrasto tra Lenin, Mach e Bogdanov, fino al filosofo indiano Nāgārjuna (II secolo) che, ovviamente senza conoscere la fisica dei quanti, aveva prospettato un mondo di relazioni tessute sul vuoto, molto simile alla proposta teorica di Rovelli e altri scienziati. 

La qualità della scrittura di Carlo Rovelli è unica, per sensibilità narrativa e poetica, tanto che le poche formule matematiche citate nel testo diventano esempi di pura bellezza. 

Non aggiungo altro, questo vuole essere solo un invito a un viaggio dove incontrerete le ipotesi più incredibili, un viaggio che io ho fatto tre volte e che è un viaggio necessario perché, come spiega Douglas Adams, l’autore della Guida galattica per gli autostoppisti : “ il fatto che noi viviamo sul fondo di un profondo pozzo di potenziale gravitazionale, sulla superficie di un pianeta ricoperto di gas che gira intorno a una palla di fuoco nucleare appena 90 milioni di miglia più in là, e pensiamo che questo sia normale, è una certa indicazione di quanto distorte tendono a essere le nostre prospettive.”

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