Questa primavera ho dedicato diverse uscite del mio girovagare agli alberi monumentali della Provincia di Pesaro e Urbino.

Prima di partire consulto il Registro degli Alberi Monumentali Italiani (https://ilregistrodeglialberi.it/) ed individuo l’albero da cercare. Mi studio la sua posizione su Google Maps e poi su una cartina.

Solo a quest’ultima (e alla memoria) affiderò il successo della “spedizione”.

La ricerca è più facile quando l’albero monumentale è sul bordo di una strada o poco discosto da essa, più complessa in altri casi.

Di solito, evito di raggiungere in auto il punto più vicino, preferisco fermarla prima e percorrere (insieme a mia moglie) l’ultimo tratto a piedi; a volte pianifico un percorso ad anello che passa per l’albero monumentale. 

Quasi sempre l’albero è in grado di stupirci per la sua imponenza. 

Gli scatto delle foto e osservo cosa c’è intorno. Penso a possibili legami che il monumento vegetale ha instaurato con l’Uomo nel corso della sua esistenza che si è allungata per secoli. Paesaggi e scorci, a volte, sono capaci di raccontare storie. 

Prima di andarcene, con la fettuccia metrica ne misuriamo la circonferenza (a petto d’uomo). La misurazione è anche un abbraccio a quel testimone che da secoli caratterizza il luogo con la sua bellezza.

Una buona parte degli alberi monumentali della Provincia di Pesaro e Urbino sono  roverelle, le querce tipiche delle campagne marchigiane.

La prima che abbiamo visitato questa primavera sta nelle campagne di Fossombrone, nei pressi della chiesa di Santa Maria della Valle; se ne sta maestosa a pochi metri da una strada (chiusa) che conduce solo ad alcuni edifici agricoli. 

In posizione appartata pure quella presso il Rio Sale, a Saltara. Grazie alla sua altezza (22 metri), “vede” in lontananza la Villa del Balì. Lei è in quel campo dalla metà del ‘700, quando la Villa apparteneva ai nobili Marcolini di Fano, che l’avevano destinata “ad amena villeggiatura autunnale”.  

Nata intorno alla metà del ‘700 pure  la Quercia di Torelli, a San Filippo sul Cesano.  Questa roverella si era ammalata; una pesante potatura l’ha liberata dalle larve del Cerambice; ora si è ripresa. Si trova in splendida posizione sulla valle del Cesano. 

Sulle colline della stessa valle, ma in posizione più appartata, la Roverella di San Vito del Cesano; dal campo in cui si trova la vista si allarga fino al Monte San Vicino e ai Sibillini.

La “Quercia grossa di Ca’Bargello”, su un fianco del Monte Paganuccio, è l’albero monumentale più grande della provincia di Pesaro e Urbino: 6,02 metri di circonferenza. E’ abbarbicata alla scarpata stradale; la base del suo fusto fuoriesce dalla parete quasi orizzontalmente e subito si flette verso l’alto per assumere un portamento verticale.

Anche se non la più grande, la Quercia del Duca, nelle campagne di Urbino, è quella che meglio mostra la sua maestosità – che non è solo una questione di centimetri. E’ posta tra due case coloniche, oggi ridotte a ruderi inglobati dalla vegetazione.

Vi sono poi monumenti vegetali che appartengono ad altre specie arboree, come il Cedro del Libano della Villa di Belgatto, alle porte di Fano. Nel 1835 una famiglia nobiliare scozzese che si era imparentata con i conti Borgogelli Avveduti –  proprietari della villa –  hanno trasportato qui la giovane pianta dalla Scozia.

Imponente anche il Cedro del Libano di Mondavio che condivide i Giardini Pubblici Giacomo Leopardi con una Robinia di 4,10 metri di circonferenza.

Il Grande Pioppo nero del Metauro ha 5 metri e 20 centimetri di circonferenza.  Ormai gran parte del suo fusto si è seccato e la linfa scorre solo nei rami più bassi. I pioppi neri non hanno una vita lunga, pertanto è notevole la sua età, stimata intorno ai 154 anni.

L’Ailanto di Cuccurano, sul bordo della Strada Flaminia, è nato intorno al 1860. Nella prima parte della vita ha visto transitare carri trainati da cavalli, muli o asini; poi lo scalpitìo degli zoccoli è stato sostituito dal rumore dei motori delle macchine e dei copertoni sull’asfalto. L’Ailanto si era ammalato ma il proprietario non lo ha fatto abbattere, ha preteso che la parte ancora sana venisse conservata. I polloni cresciuti nel frattempo si sono fusi con ciò che restava del vecchio albero che è tornato ad essere imponente.

La nascita del Faggio del Monte Nerone viene stimata intorno all’anno 1616, ma, visto che la stima ha un margine di errore di 50 anni, potrebbe essere nato nella seconda metà del ‘500. Per secoli quel faggio ha assistito  alla transumanza; ogni anno  all’inizio dell’estate ha visto giungere sui pascoli del Monte Nerone greggi di pecore provenienti dalle maremme Romane.

Didascalie foto:

1 – Roverella presso la Chiesa di Santa Maria della Valle (Fossombrone)

2 – Roverella presso il Rio Sale (Saltara). Sulla sx si scorge la Villa del Balì

3 – Quercia di Torelli, S. Filippo sul Cesano (Mondavio)

4 – Quercia Grossa di Ca’Bargello (M.Paganuccio)

5 – Quercia del Duca, Palazzo del Piano (Urbino)

6 – Ailanto, Cuccurano (Fano)

7 – Faggio, Casciaia (M. Nerone)

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