12 aprile 2020
Domenica mattina di Pasqua. Per fare la quotidiana visita alla mia anziana madre, attraverso in bicicletta una città deserta. Oggi non ci sono neppure le persone che escono a far la spesa. Nessuno ciondoloni in fila davanti al fruttivendolo, alla posta, al macellaio.
Qualcuno esce sì, ma sul balcone; uno con lo straccio in mano sta togliendo la polvere dalla lampada: il confinamento domestico induce a pulizie minuziose.
Uno dei pochissimi passanti che incrocio per la strada sta parlando al cellulare: «Non ho mai visto una Fano così».
Due tortore dal collare sostano sull’asfalto in mezzo alla carreggiata di Via Gabrielli, prima dell’epidemia costantemente intasata dal traffico.
Passo a fianco di un giardino pubblico, ci sono solo due proprietarie di cani che si stanno parlando; la distanza fisica è stabilita dalla lunghezza dei due guinzagli in tiro mentre i due cani si annusano – per loro il distanziamento sociale non è previsto.
Vedo qualcosa posarsi sul ramo di un pino, fermo un attimo la bicicletta, a occhio nudo riesco a cogliere qualche particolare del piumaggio: fronte bianca, gola nera, coda arancione: è un maschio di Codirosso comune, un migratore in arrivo. Sta dando il cambio al “cugino” Codirosso spazzacamino che, dopo avere trascorso l’inverno lungo la costa, da poco è ripartito verso i luoghi di nidificazione, verso le montagne.
Ma in città sono giunti altri migratori: brigate di rondoni volano sopra il centro storico; li vedo mentre attraverso la Statale Adriatica che taglia la città, senza aspettare il verde di un semaforo del tutto superfluo – non ci sono auto in transito.
Due giorni fa avevo già avvistato qualche rondone ma ora sono in tanti, ali falciformi che si inseguono sopra il sagrato della chiesa di San Paterniano rasentandone la facciata, sfiorano le antenne, s’infilano dentro i vicoli emettendo le loro strida; suoni che, d’ora in poi, per tutta la prima parte della bella stagione – torneranno in Africa a luglio -, saranno la colonna sonora delle ore mattutine e del crepuscolo.
Mentre li guardo attraversare i ritagli liberi di cielo del centro storico, loro stanno vedendo piazze e vie svuotate; mi piace pensare che si stiano domandando che cosa sia successo durante la loro assenza, che fine abbiano fatto gli esseri umani.
Didascalia foto:
Rondoni