2 gennaio 2022 

E’ solo da poche ore che tace il nautofono. Dopo due giorni caratterizzati dalla nebbia, questa mattina è uscito il sole. 

A ricordarla, la guazza sull’erba e l’asfalto bagnato delle strade mentre si sta asciugando la ghiaia della spiaggia che mi conduce alla foce del Metauro; la sua colorazione chiara amplifica la forza del sole, destinato in questi giorni a restare basso sull’orizzonte.

Due giorni fa erano venuti a passeggiare qui mio figlio e la sua ragazza; la nebbia era così fitta che, giunti all’estremità della foce, non erano riusciti a scorgere quella opposta (distante una decina di metri); sentivano le voci di due pescatori senza vederli.

Il tratto finale del fiume Metauro, anche se separato da due diaframmi: il ponte della statale adriatica e quello ferroviario, è l’unica zona umida degna di questo nome nel litorale della provincia di Pesaro e Urbino. 

Tra l’altro, la vicinanza tra i due ponti (200 metri) impedisce che nella stretta sezione di asta fluviale posta tra essi si pratichi l’attività venatoria. Ecco perché diverse specie di uccelli vi trovano rifugio. Si celano tra il traffico automobilistico e lo sferragliare dei treni. 

In base al punto in cui mi trovo sulla barra di foce, alcune arcate del ponte ferroviario sembrano strette feritoie, altre finestre. Attraverso di esse, si aprono scorci sul piccolo universo dell’ultimo tratto del Metauro; puntando il binocolo posso osservare l’avifauna che vi si rifugia. 

Marangoni minori assiepati su rami protesi sull’acqua. Un germano reale nuota sotto di loro. Poco più in là altre anatre, tre moriglioni. Alcune garzette ed un airone cenerino a ridosso delle arcate.

Oggi c’è una sagoma particolare posata nello specchio d’acqua salmastra a valle del ponte; dapprima invisibile perché posta tra me ed il sole, mentre procedo sulla barra di foce si materializza in controluce, è quella di un fenicottero. 

Per un po’ resta immobile; per pulire col becco il piumaggio bianco e rosa fa compiere al lungo collo azzardate curve; poi fa alcuni passi in direzione del piccolo salto d’acqua con cui il fiume si getta nello specchio della foce. 

Anche nel gennaio dello scorso anno avevo avvistato un fenicottero presso la foce del Metauro, vi si era trattenuto diversi giorni. 

Chissà se quello che sto osservando oggi è appena arrivato o se è qui da giorni? 

Forse c’era già quando l’ultimo giorno dell’anno mio figlio e la ragazza erano giunti alla foce senza riuscire a vedere nulla per la fitta nebbia.

Se fosse così – tutto ciò che non sappiamo e mai sapremo possiamo immaginarlo a nostra misura -, la notte di San Silvestro, quando tanti cittadini, contravvenendo al divieto del sindaco di Fano, hanno festeggiato con botti e fuochi d’artificio l’arrivo dell’anno nuovo, il fenicottero con le zampe immerse nell’acqua salmastra ha sentito provenire da lontano quelle esplosioni, quei boati, quei crepitii, ma, stanco del viaggio, ha deciso di prolungare la sua sosta in questa (rara) zona umida del litorale marchigiano, trovando nella nebbia protezione dai fastidi del mondo.

Didascalie foto:

1 – Nebbia in dissolvimento, Fano

2 – Marangoni minori e garzette, ultimo tratto del Metauro, 2 gennaio 2022

da 3 a 5 – Fenicottero, Foce del Metauro, 2 gennaio 2022

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