Guarda che di solito hanno “la cova” sottoterra! 

Guardali bene e aspetta, fai tutto con calma. Mettici un po’ di pazienza, osservali…. vedrai che se volano sempre dentro il ceppo dei San Marco e stanno lì in mezzo, di sicuro lì  in terra o da qualche parte nel “greppo” hanno una tana!  Lì dentro c’è il regno dei calabroni! 

No! Non è come pensi tu! Non è il profumo dei lillà rimasto nei rami che li attira.

I  Syringa fioriscono in aprile e maggio, i lillà durano una decina di giorni, è solo in quel periodo che attirano tantissimi insetti; a settembre, se è stato caldo come quest’anno,  rimangono solo le foglie, sono un po’ appassite sui rami, di profumo non c’è più nulla!  Per le vespe è più comodo salire su qualsiasi ceppo, su qualsiasi ramo o su qualunque arbusto purché questo si  trovi sopra la “cova”.

Ce ne sono centinaia, forse migliaia lì sotto! Vedi? O fai finta de “gnent!” Salgono e  scendono da quel buco per  terra;  bisogna fare molta attenzione perché sette di quelli ammazzano anche un cavallo! Pensa te quanti ne basta per un comune cristiano! 

Si! Va bene, sto attento… sto attento! Ho visto invece che girano molto intorno alle arnie  delle api che abbiamo preso giusto quest’anno.

Sono tre arnie di Ligustica mellifera, non hai visto il cartello? Sono in cima alle scale nel campo sotto la Pieve. Il  veterinario mi ha fatto mettere un  “apposito cartello”: me le ha censite con la sigla ITO10PU019 apiario n 1. 

Il posto sembrava ottimale, le casette sono con le aperture rivolte verso il sole che sorge,  poi  tutt’intorno ci sono le querce con le loro ombre; lo spiazzo è protetto dalle fratte di acacia e San Marco, poi ci sono i biancospini, i cornioli; le piante e la “posizione corretta” attenuano i venti e lì non arrivano proprio le bore.  

Fabio, che gestisce le api con me un po’ se ne intende… ha detto subito che il posto andava bene, e noi siamo andati sicuri. Pensa che loro, le api, dopo una quindicina di giorni già da marzo si muovevano a loro agio, le vedevo girare già sui prati, vicino a casa, si muovevano all’inizio in quasi tutti i fiori spontanei, la Veronica Persia, nell’ortica, nel lamiom purpureum, nella bellis perennis, nel senecione, nel Sonchus oleraceus, nella stellaria media, nella primula comune, per poi man mano passare, con l’aumento delle fioriture, nel tarassaco e nel trifoglio. Lì si trovavano veramente bene le bottatrici, che rientravano piene nell’ alveare, a fatica. I mesi di aprile e maggio invece sono stati proprio una festa quando il biancospino fiorito si è mischiato con  primi fiori delle acacie poi sono arrivati i ciliegi, i peri e i meli cotogni … Le  bottatrici, le legnaiole  e i bombi  hanno fatto concerto di zzzzzrr, zzzzzh, azzzzzzzzzz, quando i lillà del san marco hanno  offuscato con il loro profumo il liburno selvatico. A chi mi diceva che le api ad un certo punto “sciamano”, emigrano, quando arriva una nuova regina, gli facevo presente che era difficile che lasciassero quel posto pieno di fiori, protetto dai venti, casomai la regina se ne sarebbe andata da sola perché contava di più la volontà dell’alveare! ( Sic! ) 

Sì, in una casetta, ci sono sino a trentamila api e anche più!

A metà giugno però una casetta era rimasta senza regina, l’abbiamo cercata in tutti i telai compresi in quello della covata ma era sparita, la famiglia della casetta arancione era abbastanza avvilita.

Preso dalla paura ho sentito tutti gli apicoltori esperti: Giuseppe, poi Chicco, Giulio: mi hanno detto che sono cose che succedono, che bisognava attendere qualche giorno per vedere se nasceva magari una nuova regina oppure comprarne un’altra da chi vende le regine delle api. 

Tutto questo mi pareva uno scherzo, una leggenda, per me che sono ancora un principiante, in realtà era proprio così. Purtroppo nella  covata non è arrivata la nuova regina, e dopo qualche giorno le api erano un po’ sconcertate; se non si fosse urgentemente provveduto con una sovranità rinnovata le api avrebbero allentato i loro servizi: quelle operaie in mancanza di prole si sarebbero confuse e senza ovaie non avrebbero potuto riprodursi; i maschi fecondi senza regina per accoppiarsi sarebbero andati nel panico, anche se dopo l’ accoppiamento con la regina sono consapevoli che devono comunque  morire, le ceraiole avrebbero interrotto la costruzione dei favi…

Io seppure scettico sulla tratta delle regine, per ragioni ideologiche, ho dovuto cedere all’ordine d’ acquisto!

Dopo una non breve prenotazione, ai primi di luglio è arrivata una gabbietta di legno con dentro un’ape regina! Nella celletta ben fatta c’è un’uscita ostruita da pan di zucchero e a far compagnia alla nuova regina ci sono due fuchi. Le regine non si comprano mai sole, hanno sempre al servizio due api che aprono il pan di zucchero, lo masticano per la  loro regina così si  fanno strada per raggiungere il nuovo alveare. La nuova regina dipinta di rosso alla schiena, depositata nell’ alveare, dopo una decina di giorni  aveva ripreso a fare la covata. Purtroppo la  nuova sovrana arrivata da poco non aveva fatto i conti con i calabroni!

I calabroni, grandi quasi come tre api, striati di nero e giallo, hanno cominciato a ronzare intorno all’ alveare. All’inizio hanno  ingaggiato nel volo due o tre api per catturarle ed ucciderle, poi piano piano si sono avvicinati all’entrata delle casette. Hanno organizzato un’avanzata marziale: in uno, in due, in tre, una tattica nuova che le api nostrane non  conoscevano; di fronte a questa avanzata molte di loro si sono immolate nello scontro nel tentativo di bloccare i calabroni o metterli in fuga. Subito dopo la marcia dei calabroni di fronte all’ingresso della casetta sono arrivate le api ceraiole che hanno cercato di ostruire le porte lasciando aperte solo pochi ingressi per le bottatrici. 

In due o tre giorni però i calabroni hanno scoperto che l’alveare con poco cibo si indeboliva e hanno forzato l’ingresso nella casetta. Ai primi    tentativi di ingresso dentro l’alveare, tre o quattro “api guardiane”  si sono “autobruciate” agitando a dismisura le ali e incendiando insieme a loro il calabrone che era sulla porta dell’alveare, normalmente queste tecniche drammatiche di difesa riuscivano a dissuadere nuovi attacchi. 

I calabroni, invece, nonostante le perdite, in maniera testarda hanno fatto irruzione nell’alveare! 

Erano troppi, il caldo li ha favoriti, noi ce ne siamo accorti in ritardo! 

Le api vanno guardate ben bene ogni giorno… purtroppo nel giro di pochi giorni in quella casa non è rimasto quasi più niente, da non crederci! È vero che succede di rado ma purtroppo è capitato! 

Sul primo abbiamo pensato che le api se ne fossero andate a cercare un posto sicuro lontano dai calabroni, poi invece anche altri amici hanno confermato che quest’anno è successo un casino con gli attacchi dei calabroni alle api: in molti posti in tutto il paese molte famiglie sono andate distrutte.

Ma insomma allora che cosa si deve fare? 

Abbiamo rimesso una nuova regina! Pensavamo così di aver dato una mano alla famiglia delle api. Adesso ci mancavano pure i calabroni che non si controllano più! E’ vero che alla prima smielatura almeno una decina di chili di miele di acacia lo abbiamo fatto, ma se va avanti così gli alveari e le api non si reggono più! 

Sì, avete ragione, ma bisogna andare un po’ più alla radice.

Ormai non si contano più i giorni in cui le temperature  sono sopra le medie stagionali, e non è solo d’ estate, sono tre o quattro anni che i falchi pecchiaioli, che prima facevano i nidi alla Pieve, ora non si vedono più; a dire il vero anche i gruccioni che ogni tanto arrivavano in massa quest’anno si saranno visti due o tre volte, e questo per i calabroni è stata una pacchia! 

Non gli è parso vero a questi aerei giganti di bombardare senza nessuna reazione i tanti alveari delle nostre campagne! 

Ho letto che hanno distrutto anche le api sopra il tetto del Ministero dell’Agricoltura a Roma! 

Se sono arrivate sino a quel tetto pensa un po’ che succede nelle nostre campagne! 

Tanto ormai lo abbiamo capito che nessuno fa niente. 

Metodo per catturare i calabroni in prossimità degli alveari:

  1. Trappola per calabroni.

Prendere una bottiglia di plastica vuota riempirla la metà con birra e aggiungere zucchero di canna abbondante, inserire uno speciale tappo giallo che fa entrare i calabroni e impedisce agli insetti  il ritorno all’esterno. 

  1. Osservare con grande perseveranza il nido dei calabroni e muniti di appositi indumenti protettivi inserire nel pertugio sostanze che uccidono o disperdono i calabroni possibilmente dischetti di zolfo che emettono fumo.
  2. Ultima ma fondamentale raccomandazione fare del proprio meglio per ripristinare nei propri luoghi gli habitat minimi naturali.

Protagonisti: Fabio,Francesco,Loredana, Giuseppe, Chicco, Giulio e Filippo., 

                                                                                                                                                                                                                                 Cartoceto ottobre 2024 

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