Una sera d’agosto – era il 2014 – ho iniziato ad esplorare casa mia, continuando il mattino seguente e ancora il giorno dopo e negli anni successivi.
Tantissimi oggetti. Un accumulo che quasi riempie ogni spazio disponibile. Oggetti d’uso quotidiano, soprammobili, prodotti per le pulizie, frutta, verdura, cibi cotti, abiti, scarpe, libri, lampadari, sedie, poltrone, divani, collane, piatti, tazze, tazzine, bicchieri, coltelli, forchette, vasetti, tovaglie, quadri, asciugamani, tende, bottoni, computer.
Oggetti dalla vita effimera o stabili nel tempo anche nella posizione, relitti del passato, anche delle nostre famiglie. Stratificazioni del tempo. Evocatori di ricordi.
I colori tenui dei libri ingialliti, i colori violenti degli oggetti di plastica.
La luce.
Basta poco e l’aspetto della stanza cambia, e così pure l’aspetto degli oggetti. La luce calda delle lampade la sera.
La luce fredda del neon nel bagno, la luce del mattino, le luci dei led e della televisione.
Il buio.
Il punto di vista, la lontananza e la vicinanza, con particolari che non si notavano prima.
Le reciproche correlazioni, stabili o mutevoli di minuto in minuto, affinità e casualità.
15 novembre 2018