Virgilio Dionisi e i suoi racconti. Una passione che si rinnova ad ogni escursione. In una delle sue cronache, quella intitolata Camminando nella Valle del Fosso di Pian dell’Acqua, alterna il “decalogo del viandante” di Luigi Nacci alla descrizione delle sue camminate. Camminare non è passeggiare. E il decalogo di Nacci funziona come una segnaletica teorica per il camminare di Virgilio. La natura, in tutti i suoi aspetti, magici e crudeli, offre spettacoli che si ripetono ad ogni stagione, eppure non sono mai noiosamente ripetitivi. Si addormenta, e come si addormenta e poi come si risveglia, sono meraviglie che uno non si stanca di osservare. La curiosità di Virgilio è fresca, intatta. Vuole essere sorpreso, fermare nella parola e nelle immagini quelle epifanie. Sa che nessuno può riuscirci. Sono esperienze che vanno vissute, non c’è altro modo di conoscerle, nel bosco e nei sentieri, con i sensi aperti e le porte delle percezioni spalancate. E sarebbe proprio il caso che ognuno se le facesse. Tuttavia queste cronache sono preziose, perché il candore e l’acutezza dei racconti di Virgilio offrono mappe e avvertenze, sensazioni e considerazioni, un’educazione visiva e ambientale, un desiderio primitivo di vagabondare e anche di verificare se le nostre conoscenze scientifiche e i nostri nomi scientifici riescono a descrivere la vita delle piante e degli animali, fuori e dentro le nostre città. Non solo. Virgilio è attratto da quello che rimane, che sopravvive o non sopravvive, di vecchie e antiche relazioni: relazioni sociali, culturali, tra l’uomo e la natura: case abbandonate, edicole svaligiate, cimiteri nascosti dalla vegetazione, insediamenti diroccati. Lo attraggono anche le espressioni di una religiosità che, per quanto superstiziosa, esprimeva timore e rispetto verso la natura. Mostrava familiarità con il mistero. Gli eremiti che cercavano di isolarsi, le loro celle nude esposte alle intemperie. E il tempo. Il tempo che permette questi confronti a distanza di decenni o di secoli. Così le camminate di Virgilio, da solo o con la moglie Rita, si trasformano in una radiografia del territorio e in un test intimo della nostra situazione evolutiva, senza dimenticare il punto di vista del ragno: “Al ragno non interessano le vicende degli uomini, né i nomi che essi hanno dato a monti e torrenti. In quella radura che è tutto il suo mondo, lui semplicemente cala la rete”.
Il libro Cosa nasconde il bosco si può richiedere all’Associazione Argonauta di Fano.