5 settembre 2021
Quei ruderi li avevo già visti. Li avevo “scoperti” oltre un anno fa, nel luglio del 2020. Io e mia moglie, partendo da Montegaudio, avevamo compiuto una lunga passeggiata in un territorio che non conoscevamo.
Ad un bivio avevo chiesto informazioni all’unica persona incontrata, un cacciatore che a caccia chiusa portava a spasso il cane.
Dopo tanto camminare nel bosco, da un’apertura tra gli alberi vedemmo spuntare un campanile in rovina; aveva profonde crepe, ma c’era ancora una parte della cupola. Procedendo, ci era apparsa la parete esterna della grande abside semicircolare che chiude sul retro il corpo della chiesa.
E’ Sant’Eracliano, costruita nel 1840 a breve distanza da dove si trovava la vecchia pieve medievale.
E’ imponente; molto grande pure la canonica annessa (attaccata al lato est della chiesa), le cui finestre al primo piano erano state murate per difendere l’edificio dai vandali, ma quelle tamponature non avevano potuto bloccare il peggiore dei vandali: il tempo.
La chiesa non aveva più il tetto, buona parte del materiale che lo costituiva ingombrava il pavimento, ma non tutto: da una breccia che spezza la continuità della canonica si vedevano le tegole accatastate su delle travi e nello specchio di una finestra che, a loro volta, rischiavano di crollare.
Dell’altare principale e di quelli secondari poveri resti.
Il declino della Pieve era iniziato nel 1965 quando, in seguito alla morte dell’arciprete Brigidi, la parrocchia rimase vacante, finché a partire dagli anni ‘80 l’edificio religioso fu abbandonato a sé stesso e lasciato in balia delle intemperie.
Avevo letto dell’esistenza di questa chiesa in “Castelli sospesi tra sogno e memoria Coldelce, Genga, Monteviole-Serra di Genga, Ripe” [di Leonardo Moretti, Provincia di Pesaro e Urbino e Comune di Colbordolo, dicembre 1993], pubblicazione presente da decenni nella libreria del mio studio. La rilettura del libro mi aveva spinto ad andare alla ricerca del rudere.
L’Autore chiarisce il perché delle notevoli dimensioni dell’edificio religioso, apparentemente inspiegabili in mezzo ad un bosco dove avevamo camminato per chilometri senza incontrare abitazioni: un tempo a breve distanza della pieve c’era Coldelce (uno dei quattro castelli scomparsi) abitato da un considerevole numero di persone – nel 1591 vi vivevano 358 persone.
“Carestie, miseria, eventi naturali, spinsero gli uomini ad allontanarsi da questi luoghi. Sopra le rovine gli alberi tornano trionfanti, custodendo gli ultimi segreti di una civiltà ormai scomparsa” aveva scritto Leonardo Moretti nella premessa del libro.
Il cacciatore, a cui avevo chiesto informazioni sui ruderi di Sant’Eracliano, aveva aggiunto: «Ma poteva arrivarci in auto passando per Cappone». È quello che abbiamo fatto oggi; abbiamo raggiunto le rovine della pieve passando per la frazione del Comune di Vallefoglia (nella vallata omonima), partecipando al walkscape: “Camminare tra i castelli scomparsi di Genga e Coldelce”.
Che cos’è un walkscape ce lo spiega il sito “www.almaloci.com” che Antonella (la guida) ci invita a consultare: “Un Walkscape è una camminata per esplorare il territorio e conoscerne le trasformazioni” – io da anni pratico il walkscape e non lo sapevo!
Antonella ci racconta che un tempo le vie di comunicazione non passavano nel fondovalle ma lungo i crinali e che, oltre ai quattro castelli (Monteviole, Coldelce, Serra di Genga e Ripe) vi erano pure alcuni “ospedali”, luoghi utilizzati dai viandanti.
In seguito alla morte dell’ultimo duca di Urbino, Francesco Maria II dalla Rovere (1631), il ducato passò allo Stato Ecclesiastico, vennero creati dei latifondi che si sostituirono agli appezzamenti di terra dei piccoli possidenti locali e che determinarono una irreversibile discesa socio-economica ed il conseguente spopolamento.
Questi luoghi, ormai spopolati, all’inizio dell’Unità d’Italia (tra il 1861 e il 1862) furono frequentati dai briganti della Banda Grossi.
Dal luogo del raduno, il gruppo di oltre 50 persone che partecipa al walkscape in auto raggiunge la chiesetta di S. Giovanni Battista (tappa intermedia). È ancora consacrata. E’ ciò che rimane del castello di Serra di Genga (anch’esso scomparso come quello di Coldelce). S.Giovanni di Serra di Genga rientra tra le chiese del “santuario itinerante” denominato “Madonna del giro” (delle 10 chiese di un tempo ne restano 6) – una processione annuale che si svolge nella congregazione e che porta un dipinto della Vergine da una parrocchia all’altra. L’immagine resta nella chiesa per un anno. Da qui, poi, il quadro ripartirà per una nuova parrocchia.
La proprietaria della chiesetta (la canonica è diventata una seconda casa) ci racconta che lì si celebra la messa in occasioni particolari (battesimi, matrimoni, ecc.) ma che fino a circa una decina di anni fa il parroco precedente, che giungeva in moto, una volta al mese celebrava messa la domenica pomeriggio.
Un’anziana partecipante al raduno, che da bambina abitava in zona, ci racconta che ancora prima di quel parroco ce ne è stato un altro mandato lì per “punizione”, in quanto “birichino”. «Era un letterato» dice, «credevano di fargli un dispetto, invece per lui quel posto sperduto era ideale, poteva andare a caccia quando voleva e ricevere “visite” [si intuisce femminili] senza occhi indiscreti». La sua passione per l’attività venatoria era tale che anche il catechismo si svolgeva mentre lui era intento a cacciare, ci racconta la donna mentre allinea le braccia alzandole al cielo con i pollici, gli indici ed i medi distesi per simulare il gesto di sparare.
La lapide di un sepolcro a terra, a fianco all’altare, di fronte all’ingresso della sagrestia, ricorda che lì riposano sacerdoti vissuti in epoche ben più antiche: “SACERDOTUM MDCCXCVI” (l’edificio religioso fu edificato nel 1793, nello stesso luogo dove si trovava la chiesa cinquecentesca).
Entro nella sagrestia, il mio sguardo passa dalla stufa di terracotta alle foto appese alla parete.
Fotografie di spiazzi davanti le chiese gremiti di fedeli, scattate negli anni ‘20 e ‘30 del secolo scorso. Una, del 1929, mostra alti prelati, uomini in divisa e fedeli che indossano i vestiti della festa di fronte all’ingresso della Pieve di S.Eracliano, un’altra del 1931 è scattata di fronte alla chiesetta dove ci troviamo.
Riprese le auto, ci spostiamo al country house “La Celletta” (prende il nome dall’edicola sacra posta vicino all’ingresso), che sorge dove si trovava il borgo “Pendici”, sviluppatosi all’esterno della cinta muraria del castello di Coldelce.
Raggiungiamo un punto sopraelevato dietro al country house – è utilizzato dall’Osservatorio Valerio di Pesaro per le osservazione astronomiche; qui non ci sono forme d’inquinamento luminoso -; quel poggio è probabilmente il luogo in cui sorgeva il castello di Coldelce.
Da lì, percorrendo a piedi per diverse centinaia di metri una stradina bianca, ci portiamo fino ai ruderi della Pieve di S.Eracliano. La guida ricorda che per le sue imponenti dimensioni veniva denominata dai fedeli “il Duomo”.
Il rudere è cambiato rispetto a quando, poco più di un anno fa, io e mia moglie lo avevamo “scoperto” dopo la lunga passeggiata.
La breccia nella parete esterna della canonica si è allargata, un altro pezzo di muro è venuto giù.
Della cella campanaria di forma quadrata (l’area dove era alloggiato il castello campanario), completa un anno fa, oggi sopravvive solo una parete che presenta, tra l’altro, preoccupanti crepe.
Un anno fa esisteva ancora una porzione considerevole del piccolo tetto a cupola del campanile (costruito nel 1892 al posto della primitiva copertura), oggi della cupola non c’è più traccia.
Il tempo, inesorabile, continua la sua opera demolitrice.
Didascalie foto:
da 1 a 3 – Le rovine della Pieve di Sant’Eracliano a Coldelce (Comune di Vallefoglia – PU), luglio 2020
4 – Copertina di “Castelli sospesi tra sogno e memoria Coldelce, Genga, Monteviole-Serra di Genga, Ripe”
5 – Interno della chiesetta di S.Giovanni Battista a Serra di Genga
6 – Foto d’epoca nella sagrestia della chiesetta di S.Giovanni Battista a Serra di Genga
7 – Canonica e campanile della Pieve di Sant’Eracliano, luglio 2020
8 – Canonica e campanile della Pieve di Sant’Eracliano, settembre 2021 (si nota la scomparsa della cella campanaria)
9 – Pieve di Sant’Eracliano, luglio 2020
10 – Pieve di Sant’Eracliano, settembre 2021 (si nota la scomparsa della cupola del campanile)