29 ottobre 2020

Mentre sto inforcando la bicicletta per andarmene, nel cortile del palazzo giungono una giovane mamma e i suoi due bambini. Un bambino grida alla madre e alla sorellina: “Un geco”. Lo conosce già – è grazie a lui che lo noto.

Il piccolo sauro dal corpo tozzo e la testa ampia, in pieno giorno, se ne sta fermo sul muro a circa un metro e mezzo da terra.

Il bambino va a raccogliere qualcosa da terra e poi si avvicina nuovamente all’innocuo rettile fermo sulla parete. Nella sua breve vita il geco deve essersi già trovato in situazioni di pericolo: lo prova la sua coda mozza – come la lucertola, ha la possibilità di perderla per distrarre il predatore e salvarsi la vita.

Non sapendo che intenzioni abbia, dico al bambino di non ucciderlo ed aggiungo: “Dalle parti nostre è un animale raro”, lo faccio rivolgendomi anche alla madre per favorire un suo interessamento in difesa del geco.

Nel frattempo, rivolgendosi sia a me che alla giovane madre, interviene pure una condomina da un balcone del primo piano che si affaccia sul cortile; è una ex maestra elementare: “è vero che è raro, anche se l’altra volta ce n’era uno sul mio balcone; se ne stava al sole; è come una lucertola”.

A differenza del figlio, la madre non conosceva quel rettile. E’ una trentenne. Io e l’ex maestra siamo nati prima che fosse coniata la parola “ecologia”, prima che si cominciasse a discutere di protezione dell’ambiente. Io, da studente, la prima volta che ne ho sentito parlare è stata in occasione della Conferenza di Stoccolma del 1972, mentre mi preparavo a sostenere l’esame di stato. Per la giovane madre non è stato così. Lei fin dalla tenera età deve avere sentito parlare dell’importanza di proteggere la natura. Di sicuro i suoi insegnanti avranno dedicato delle lezioni alla conservazione della natura, all’importanza di salvaguardare la biodiversità. Avrà partecipato ad uscite didattiche in ambienti naturali, chissà? forse i suoi insegnanti della scuola dell’obbligo l’avranno portata a visitare un centro di educazione ambientale dove potrebbe avere svolto attività di sensibilizzazione verso la difesa della vita animale. E i tempi in cui la giovane madre deve avere lasciata la scuola risaliranno al massimo ad una quindicina di anni fa.

Eppure se ne esce con un laconico: “Certo che non è bello!”. Nient’altro esce dalla sua bocca; le sue esperienze in campo ambientale da scolara, seguendo le lezioni dei suoi insegnanti, partecipando ad attività frutto della creatività di guide naturalistiche e di educatori ambientali non hanno prodotto nulla di più.

Il bambino in mano ha un rametto di pianta grassa caduto nel cortile da un vaso su un balcone, per fortuna non ha intenzioni cruente, vuole soltanto fare muovere il geco. Il piccolo sauro, stimolato da quel contatto, risale un poco la parete, quel tanto che basta per essere fuori dalla portata del bambino. 

Didascalia foto:

Geco comune Tarentola mauritanica in  un altra zona di Fano

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