Peccato che lo spettacolo (si fa per dire) sia finito così presto. L’appassionante (rin)corsa per l’ascesa al cielo quirinalizio avrebbe meritato almeno di sovrapporsi all’inossidabile Festival di San Scemo in una sana competizione televisiva che stabilisse una volta per tutte il primato tra la sempreverde “canzone italiana” e il “rito immortale” dell’elezione del Presidente della Repubblica. Difficile stabilire chi avrebbe vinto tra le esibizioni (patetiche) di gruppi e cantanti di qualità musicale decisamente più bassa rispetto a quella riscontrabile negli improvvisati concerti di fine anno scolastico al liceo (definizione ricavata da facebook) e le penose performance offerte da un sistema politico ormai in coma, dopo trent’anni di terapia anti-politica, demagogica, chiassosa e cretina. 

L’incommentabile spettacolo offerto dalla politica italiana in sei giorni di nulla ci consegna al grado zero dell’autorevolezza del Parlamento della Repubblica. Segretari di partito che non rappresentano nessuno, kingmaker (o presunti tali) divoratori di candidature, figure istituzionali allo sbaraglio, parlamentari in ansia spasmodica per il prolungamento della legislatura (e del loro status) sono stati il condimento di un (avan)spettacolo penoso che però è esattamente quanto il popolo italiano (“a cui mandiamo il più alto saluto”, G, Matteotti, Roma 30.5.1924) merita per essersi lasciato addomesticare e trasformare in un gregge sempre alla ricerca di un nuovo pastore. Questo è il bel risultato dopo trent’anni di “tutto il potere alla magistratura”, di “via i partiti”, di “basta con il pubblico, privatizziamo tutto”, di “uno vale uno” e via discorrendo. Questo è un Paese che da trent’anni non crea classi dirigenti ma solo comparse televisive e, questa volta, l’evidenza plastica della “maratona quirinalizia” non ha potuto nascondere il disastro, al di là di un epilogo dignitoso sì, ma discutibile per una presidenza che, per la sua durata, si profila più simile a una monarchia (costituzionale) che a un mandato repubblicano. Lo aveva fatto ben intendere lo stesso nuovo/vecchio presidente che aveva ripetuto in tutte le salse che non voleva assolutamente la riconferma. Ma poi, si sa, le persone possono anche cambiare opinione…..

A questo punto l’obiettivo delle classi dirigenti globali – quelle esistono ancora, in particolare nei colossi della finanza e del tech – hanno centrato i loro obiettivi. Dopo la distruzione dei partiti politici, lo svuotamento delle istituzioni e il dileggio dei principii repubblicani ora, sempre in mezzo al giubilo del “popolo sovrano”, verrà dato un bel colpo alla Costituzione, come d’altronde già auspicato da “lor signori” (J.P. Morgan undici anni fa). Perché dopo la raccapricciante messinscena della settimana scorsa sta crescendo incontenibile dal Paese (e dal popolo bovino) la richiesta di elezione diretta del Presidente della Repubblica. E così accantoneremo la repubblica parlamentare e approderemo “finalmente” alla cosiddetta repubblica presidenziale dando definitivo corso alla “disintermediazione” con la definitiva liquidazione di quei corpi intermedi (partiti, sindacati, etc) da sempre pilastri di ogni democrazia rappresentativa come la nostra che per essere tale ha bisogno che qualcuno la organizzi. E, in particolare, con la messa in mora di un parlamento screditato come un luogo sostanzialmente inutile, popolato, come ora, da ospiti occasionali (per non dire peggio…..). Già adesso, con un Presidente a tutela e garanzia dell’”illuminata” azione di governo del banchiere centrale (ex Goldman-Sachs) in un paesaggio occupato dalle macerie di un sistema politico sprofondato nel ridicolo, a cosa serve ancora la democrazia repubblicana? A questo punto per la “politica”  non restano che due strade: o – soluzione soft – rivolgere un’invocazione al Papa-Re perché instauri in Italia una monarchia (assoluta ma elettiva) di natura federale tra le varie regioni italiane (Gioberti) oppure – soluzione hard – auspicare, come simpaticamente (e ironicamente) mi suggeriva qualche tempo fa un caro amico un po’ più grande di me, l’intervento dell’esercito. Magari con il generale Figliuolo nelle inedite vesti di nuovo Capitano del Popolo. Due terapie d’urto. Sarebbero gli ultimi, disperati, tentativi di rianimare un Paese già morto.

(un disegno di Tullio Ghiandoni)

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