“… correndo o camminando instancabilmente sui tapis roulant […] guardando la televisione opportunamente posizionata […] a casa propria, al riparo da ogni sorpresa, l’individuo adempie dunque a una pratica igienica […] girando in tondo nella sua boccia di vetro
[…]
Il camminatore si trova nella condizione di poter osservare tanto l’immenso quanto il minuscolo. In Sourates, Lacarrière descrive gli anni della sua infanzia passati in un giardino della Valle della Loira a fare l’inventario dei fiori e delle piante, e conclude dicendo che gli «è rimasta di quell’epoca la passione per quel mondo infinitesimale, il desiderio di diventare un giorno “il geografo dei fuscelli o l’oceanografo delle pozzanghere”». E’ una meravigliosa definizione del camminatore, attento a tutto ciò che incontra sul suo cammino, dal paesaggio agli animali.”
David Le Breton, Camminare: Elogio dei sentieri e della lentezza, 2018
9 aprile 2020
Di sera io e mia moglie (con il gatto al seguito) facciamo una passeggiata notturna all’interno del nostro quartiere. La facevamo, di tanto in tanto, anche prima della clausura obbligata dalla pandemia, ma da quando l’unica attività motoria consentita è quella in prossimità della propria abitazione è diventata un appuntamento fisso.
La facciamo dopo l’imbrunire. Dal 29 marzo, da quando le lancette si sono spostate avanti di un’ora e con le giornate che si allungano, l’abbiamo spostata a dopo cena.
Dall’inizio dell’epidemia, per mia moglie è l’unica uscita giornaliera, non così per me che qualche volta esco a fare la spesa e che vado ogni giorno a trovare la mia anziana madre che abita da sola.
Non è così neppure per il gatto – il confinamento domestico per lui non è previsto -, esce ed entra in continuazione; eppure anche lui ci tiene alla camminata.
Mantenendoci a qualche metro di distanza – chissà poi perché? visto che abitiamo sotto lo stesso tetto -; zigzagando tra le file di villette a schiera, percorriamo i marciapiedi che delimitano le zone verdi.
La passeggiata è rallentata dal gatto che ogni tanto – è più forte di lui – scompare dentro a un giardino, attirato da un odore sconosciuto o inseguendo l’ombra di chissà quale creatura.
Da qualche finestra aperta appaiono i bagliori azzurri dei televisori che trasmettono il telegiornale della sera. Qualunque sia il canale, l’informazione riguarda un solo argomento, sempre lo stesso, declinato sotto i diversi aspetti. Con il passare dei giorni cambiano solo i numeri, le percentuali dei contagiati, dei morti, degli intubati. Il problema delle mascherine, il numero limitato dei tamponi, i tempi lunghi per realizzare un vaccino, ”andrà tutto bene”, “resta a casa”, “è ancora presto per la fase 2”, plateau, lockdown, spillover.
Noi siamo fuori per disintossicarci da tutto questo, da quei numeri, da quelle parole, da quell’informazione monotematica.
Queste brevi uscite intorno a casa, seppure nella periferia urbana, consentono flebili contatti con la natura.
L’altro ieri abbiamo incontrato un riccio – era già capitato lo scorso 13 marzo, quando la primavera non era ancora iniziata.
Ho visto la sua sagoma muoversi tra l’erba a cui il coronavirus consente di crescere indisturbata. Quando mi sono avvicinato, il riccio si è bloccato in un prato di margherite; forse chiedendosi se era il caso di chiudersi (a palla), come avevano fatto quei capolini intorno a lui (per proteggersi dal fresco della notte).
L’ho mostrato a mia moglie (che l’altra volta si era vantata di avere avvistato il riccio per prima); il gatto, invece, preso dalla sua esplorazione olfattiva, non se ne è accorto.
Una foto dell’incontro col cellulare e poi ognuno ha ripreso la propria passeggiata notturna.
La camminata di ieri è stata invece caratterizzata da un “incontro” astronomico: con la Superluna più grande dell’anno; il fenomeno celeste dipende dal fatto che il plenilunio si verifica mentre il nostro satellite transita vicino al perigeo (il punto più vicino alla Terra dell’orbita lunare). Un evento che si ripresenterà soltanto nel maggio dell’anno prossimo.
Notte dopo notte, abbiamo vista la luna (in fase crescente) allontanarsi da Venere, che splende luminoso ad occidente; ieri la luna (piena) si stagliava ad est, ancora bassa sopra i tetti del quartiere.
Non potevamo confermare quello che avevano preannunciato gli esperti: che fosse più grande del 7%, più luminosa del 15%, che la sua distanza dal nostro pianeta fosse di 356.908 chilometri, potevamo solo ammirarne il disco completo.
Il gatto no, lui alza gli occhi al cielo solo per seguire il volo di falene sotto i lampioni, non per osservare gli spazi siderali.
Oggi è stato un suono ad attirare la nostra attenzione: il verso molto acuto di un rapace notturno. Da qualche posatoio elevato ha fatto sentire il suo canto intermittente spezzando il silenzio del quartiere.
«Dovrebbe essere il verso di un allocco» dico a mia moglie.
Quando rientriamo, mentre mia moglie in cucina apre una scatoletta al gatto, io vado in salotto e, anziché il televisore, accendo il tablet, cerco il verso dell’allocco. Il suo canto si spande per la casa.
«Senti? era proprio un allocco» dico a mia moglie.
Mi giro, il gatto è vicino a me, distratto da quel verso, ha interrotto il pasto e sta cercando l’allocco nel salotto.
Didascalia foto:
1 e 2 – Visioni notturne delle aree verdi del quartiere, aprile 2020
3 – Riccio, 7 aprile 2020.