Ho provato a leggere il libro di Frank Wilczek Una bellissima domanda: scoprire il disegno profondo della natura, riproposto da “Le scienze” di gennaio dopo l’uscita einaudiana del 2016, ma sinceramente sono insoddisfatto. Di me e dell’autore del libro, che è un premio Nobel per la fisica, ma credo che non abbia il dono della comunicazione. Da parte mia, la buona volontà ce l’ho messa, anche con strategie di lettura del tipo di interrompere quando non capivo e riprendere a mente fresca, tuttavia le mie lacune sono troppo vaste. Ora però una considerazione si può fare: Wilczeck è un entusiasta, si percepisce e si vede anche dai punti esclamativi sparsi nel testo, e anche dai frequenti rimandi del tipo: “questo ve lo dico dopo, prima devo dirvi altre cose”, come uno che non riesce a frenare il desiderio di raccontare quello che ha visto, però in questo modo, dopo un’infinità di avanti e indietro, il lettore normale si irrita, come un bambino che viene portato a comprare il gelato ma prima deve andare in altri posti, e deve aspettare e gustarsi le promesse e le premesse. E poi il gelato non è così gustoso.
Il disegno profondo della natura è talmente bello che ogni tanto Wilczeck parla di un Artefice, senza specificare le equazioni che portano alla scoperta dell’Artefice. D’accordo, evitiamo le complicazioni matematiche in libri divulgativi, ma allora da dove sbuca fuori l’Artefice? E capisco anche l’entusiasmo per Newton, tuttavia scrivere “Vi è quindi una scintilla di grazia divina nella vasta curiosità, nella creatività e nel senso di avventura intellettuale che il giovane Newton portò in questo mondo”, non fa capire. Che cosa vuol dire ‘Scintilla di grazia divina’? Qual è il concetto di grazia? E quando parla delle equazioni di Maxwell conclude così: “Apriamo dunque la mente al loro spirito”. Lo spirito delle equazioni di Maxwell? Un’altra scintilla di grazia divina? Ecco, queste affermazioni sono più inquietanti della simmetria o supersimmetria o della supposta bellezza e del profondo ordine della natura. Che poi alla fine mica emerge, anzi.
Non capisco come faccia la fisica quantistica a dialogare con l’Artefice, come vorrebbe gesuiticamente suggerire Wilczeck. A me pare che restiamo tutti, scienziati e lettori, da questa parte della storia, o come direbbe Montale: “Ti guardiamo noi, della razza / di chi rimane a terra”. Osservare la giovanile bellezza di Esterina, la grigiorosea nube, come fa Montale, forse aiuterebbe a spiegarsi meglio. Detto con il dovuto rispetto. Perdiana, un po’ di coerenza, e meno furbizia.
nell’immagine, un quadro di Stefano Paci