27 Marzo 2019
A differenza dei cacciatori che durante la stagione venatoria possono comodamente osservare cosa c’è nell’acqua dall’interno dei due appostamenti che si affacciano sull’acquitrino, io devo evitare che la mia sagoma si stagli sopra il bordo dello specchio d’acqua. Anche se la mia schiena non è più quella di un tempo, risalgo l’argine con il corpo piegato. Mi fermo mentre un falco di palude sorvola l’acquitrino, quando il rapace si allontana, raggiungo il bordo e mi stendo su un “comodo” tappeto di ortiche.
Anche se durante la stagione venatoria si trasforma in una trappola mortale, a caccia chiusa questo acquitrino è un paradiso per gli uccelli acquatici – è uno dei pochi ad essere sopravvissuto alla siccità del passato inverno e di quest’inizio di primavera.
Lo specchio d’acqua da caccia è ricoperto dalle fioriture del Ranuncolo acquatico. In questo tappeto bianco non stazionano solo folaghe, garzette e cavalieri d’Italia, vi sono pure tre trampolieri di grandi dimensioni.
Piumaggio bianco, tranne il capo e la coda neri, neri pure le zampe ed il lungo becco ricurvo: sono tre ibis sacri.
Speravo in queste presenze, mi era stato segnalato che nei giorni scorsi un branco di sette ibis sacri ha fatto la spola tra questo acquitrino ed uno stagno posto sulla riva opposta del fiume Metauro.
Storicamente diffuso in Egitto, dal XIX secolo, a causa della caccia di cui è stato oggetto, l’Ibis sacro si è estinto nel territorio che lo aveva elevato al rango di divinità (era sacro al tempo dei Faraoni, considerato l’incarnazione terrena del dio Thot, simbolo di intelligenza).
A casa potrei benissimo consultare direttamente Google, invece prima sfoglio i miei manuali – da tanti anni, quando mi imbatto in una specie “nuova” ho sempre fatto così, dunque perché cambiare? -. Nel mio primo manuale dell’avifauna paleartica, ormai consunto – acquistato negli anni ‘70 -, “Uccelli d’Europa” di Bruun & Singer, a proposito di questa specie trovo scritto: “visitatore accidentale delle regioni del mar Caspio e del mar Nero orientale dove giunge dalle sue aree di riproduzione più meridionali”. La copia dello stesso libro di un’edizione aggiornata (del 1991) che ho comperato in seguito aggiunge: “Esemplari provenienti dalla cattività hanno nidificato nella Pianura Padana”.
Negli ultimi anni questa specie si è ulteriormente diffusa nella penisola italiana formando popolazioni nidificanti in grado di autosostenersi.
Mi ero già imbattuto in un esemplare di Ibis sacro la scorsa estate sulla barra di foce del Metauro, ma quell’esemplare era “imprintato”, accettava il cibo dai bagnanti. Scoprii in seguito che si trattava di un individuo che i responsabili del CRAS (Centro Recupero Animali Selvatici) della Provincia di Pesaro e Urbino avevano recuperato nel cortile di un’abitazione privata di Urbania e rilasciato in una zona umida recintata non distante dalla linea di costa. Ma quell’esemplare – era un giovane -, anziché starsene tranquillo tra cannucce di palude, si era ben presto levato in volo e con pochi battiti d’ala si era portato sulla spiaggia; inesperto della vita, per alcuni giorni aveva gironzolato tra bagnanti, lettini ed ombrelloni fino a raggiungere la foce del Metauro.
Ignorando le sue origini tra i coccodrilli delle sponde del Nilo, dimenticando il suo passato quando veniva venerato e rappresentato nei geroglifici, si era ridotto a mendicare il cibo da umani in costume e ciabatte.
Ben diverso ai miei occhi è l’effetto di questi tre esemplari che osservo in un ambiente palustre. Immergono i loro grossi becchi sotto lo strato di fiori di Ranuncolo acquatico; spesso quelle pinze ricurve fuoriescono dall’acqua con grossi bocconi, sono gamberi della Luisiana, altra specie esotica ad avere colonizzato negli ultimi anni la nostra penisola.
Didascalie foto:
1, 2 e 3 – Ibis sacro, Fano, 27 marzo 2019
4 e 5 – Ibis sacro alla foce del Metauro, 11 luglio 2018
6 – Ibis sacro con boccone