Questo libro, come quello di Max Tegmark, Vita 3.0, è un viaggio inquietante. L’indagine di O’Connell è davvero ai confini della realtà, pur rimanendo nella realtà, inoltre è un reportage ironico e preoccupatissimo che si basa su colloqui, discussioni, partecipazioni a convegni, esibizioni, eccetera. Il sottotitolo recita: Un viaggio attraverso cyborg, utopisti, hacker e futurologi per risolvere il modesto problema della morte. L’allusione a Swift non è fuori luogo, se non altro per lo stile brillante che in qualche modo cerca di esorcizzare quello che sta succedendo. Il futuro che è dietro l’angolo.
Gli scenari della criogenesi non sono quelli di un film ma quelli veri, a Phoenix, dentro un edificio grigio, basso e squadrato costruito per conservare i corpi e le teste di persone che sarebbero morte, anzi che sono morte ma lì non vengono considerate morte. Corpi immersi nell’azoto liquido che aspettano gli sviluppi della tecnologia. Affidati alle cure di transumanisti, che pensano che i nostri corpi, così come sono, vanno modificati, sostituiti, perché deperibili, e troppo inadeguati rispetto alle potenzialità del cervello. Ma come? Su questo si sta lavorando, in vari laboratori dove ad esempio contano di emulare, cioè copiare integralmente, il cervello di una persona e di trasferirlo su un supporto di altro tipo, a scelta. Ma a questo punto che cosa e soprattutto chi diventa immortale? Mark O’Connell si pone domande di questo tipo, visita i luoghi dove la tecnologia diventa quello che per i teologi è l’aldilà, interroga i protagonisti, scienziati, guru, biohacker, tutti in piena attività immaginativa e scientifica, supportata da finanziamenti ingenti.
L’intelligenza artificiale pone interrogativi più terribili, perché è già una realtà che nel breve corso degli anni investirà la vita sociale di tutti, come sta avvenendo. Tuttavia le prospettive, se ci saranno prospettive, visto che la specie umana potrebbe andare incontro alla sua estinzione, e non sarebbe la prima anche se sarebbe la prima come suicidio, ci relegano come testimoni secondari dell’esistenza dei robot. Le intelligenze artificiali hanno già più potenzialità cognitive di noi, e le accrescono di continuo, semplicemente esistendo, anche se questo termine pare inadatto a delle macchine. Ma noi stessi, in quanto siamo macchine e in quanto altro?
Davvero un libro da consigliare perché pone questioni su cui è bene misurarsi, e lo fa con una qualità letteraria che in altri libri davvero manca. Swift e Jules Verne, certo, eppure questa è la realtà, per ora in luoghi marginali sparsi qua e là nel mondo.
Mark O’Connell, Essere una macchina. Adelphi 2018, 19 euro