Stephen Greenblatt insegna letteratura inglese a Harvard. Forse alcuni lettori ricorderanno il suo magnifico libro Il manoscritto (Rizzoli 2012, Premio Pulitzer), che raccontava il ritrovamento del De rerum natura e la sua influenza nella cultura occidentale. La scrittura di Greenblatt è di esemplare chiarezza, anche e soprattutto quando affronta temi complessi. In Italia è stato recentemente pubblicato Ascesa e caduta di Adamo ed Eva (Rizzoli 2017), che perlustra le radici della misoginia religiosa occidentale, un libro equilibrato e illuminante. Greenblatt è uno dei maggiori esperti di Shakespeare e alcune sue opere sono state tradotte in Italia, da Vita, arte e passioni di William Shakespeare, capocomico (Einaudi 2005) fino al libro appena uscito da Rizzoli: Il tiranno, Shakespeare e l’arte di rovesciare i dittatori (Rizzoli 2018).
In questa opera recente Greenblatt rilegge alcune tragedie di Shakespeare mostrandoci le intuizioni del grande drammaturgo inglese sul potere. Soprattutto, quanto quelle idee potevano essere dette e rappresentate nel loro contesto storico. Greenblatt è uno dei fondatori del Nuovo Storicismo americano e in questo libro, come nei precedenti, il suo metodo di indagine trasforma il saggio letterario in racconto. Ma non è questo il fascino della sua scrittura o non è soltanto questo. I suoi libri affrontano problemi nevralgici della cultura occidentale. Parlano del passato ma sono attualissimi. Tuttavia, se focalizzassimo soltanto il rapporto tra cultura umanistica e scienza, (Il manoscritto), o quello tra mito e realtà in Ascesa e caduta di Adamo ed Eva, ridurremmo in modo imperdonabile queste opere, che invece, tracciando percorsi dal passato ad oggi, mostrano che l‘analfabetismo scientifico e le preclusioni religiose e sociali verso le donne hanno radici profonde. E bisogna conoscerle per affrontare il presente storico.
La stessa cosa accade con Il Tiranno. La figura del tiranno è tutt’altro che tramontata. Anzi, gode di un preoccupante revival, nelle sue varie forme e modi. Ebbene, nelle tragedie di Shakespeare c’è tutto, dalle menzogne all’assassinio, fino alle carneficine, compresa la desolante incapacità delle persone oneste di opporsi e di farsi comprendere. “Shakespeare credeva che non si potesse contare sulle persone comuni come baluardo contro la tirannia. Erano, pensava, troppo facili da manipolare con gli slogan, da intimorire con le minacce o da corrompere con regali futili perché potessero fungere da difensori affidabili della libertà”. Questo è il problema, direbbe Bruto (e poi Amleto) meditando sulle cose da fare. Bruto risolve con l’assassinio di Cesare ma il cinico opportunismo di Antonio risulta più eloquente per la plebe romana.
C’è un capitolo intitolato Gli agevolatori nel quale Shakespeare e Greenblatt indagano sulle diverse motivazioni di coloro che avrebbero potuto fermare il tiranno ma non lo hanno fatto. Però “elencando i tipi di agevolatori si rischia di trascurare l’aspetto più affascinante del genio teatrale shakespeariano: non la creazione di categorie astratte o il calcolo dei gradi di complicità, bensì la capacità di immaginare l’esperienza vissuta in modo così vivido da renderla indimenticabile”. Indimenticabile per noi, lettori e pubblico, ma anche noi in quanto lettori e pubblico siamo chiamati in causa. “Nel dramma, l’ascesa di Riccardo III è resa possibile da vari gradi di complicità da parte di coloro che lo circondano, ma a teatro siamo noi spettatori che assistiamo agli eventi e veniamo attirati verso una peculiare forma di collaborazione. Restiamo affascinati una volta dopo l’altra dal comportamento scandaloso del cattivo, dalla sua indifferenza alle comuni norme della correttezza umana, da menzogne che sembrano avere effetto benché nessuno vi creda. Guardandoci dal palco, Riccardo ci invita non solo a condividere il suo allegro disprezzo, ma anche a sperimentare in prima persona cosa significhi soccombere a ciò che sappiamo essere ripugnante”.
Siamo sicuri che si sta parlando soltanto di antichi re avidi e sanguinari e non di qualcosa che ci riguarda da vicino, che non solo insidia la nostra cultura ma fa parte integrante della nostra storia culturale?
[Stephen Greenblatt, Il tiranno: Shakespeare e l’arte di rovesciare i dittatori. Rizzoli 2018, euro 22]