Giorni di dense nebbie, l’umidità
fa ammuffire le foglie sul prato,
l’aria sembra composta di gocce
invisibili, la città è sul punto di sparire,
grigia in pieno giorno, come quel poco
che resta di luce, magra immagine
del sonno della ragione.
Fradicia nebbia di un anno
che di nuovo ha solo il numero,
inventato, insulso. La borragine resiste
e sprizza ancora dei fiori stellati, blu
alla luce del sole, violetti di sera, e bulbi
gravidi che sorprendono, a gennaio.
L’elicriso imperturbabile profuma.
So che non può durare, le stagioni
scivolano sui calendari, l’inverno
divorerà un pezzo di primavera.
L’età è un elastico corroso, nessuna
vaga luminosità nel grigiore. Ruggine
nei cervelli arcaici del dopo mondo.
Poi la voce delle donne, sincera.
Non avevamo paura delle autorità,
per quanto forti, per quanto subdole.
Degli incendiari diventati bigotti,
dei moralisti diventati lerci animali
stercorari, ci sono tracce ovunque.
Le uova sull’ovatta delle coscienze,
depositate, delicatamente.
Ora tocca a voi